Parigi

Visitare Cuba: da L’Avana a Trinidad

La valigia (dispersa da Air France due giorni fa e arrivata ieri sera) ci guarda implorante. La apro un attimo, ma subito la richiudo. Decido di rimanere vestito un altro giorno con gli abiti “cubani” che mi sono comprato quando avevo il bagaglio ancora a Parigi. Facciamo colazione alla Casa Particular. Colazione come sempre ricca di frutta (dal sapore davvero tropicale), con omelette e caffè nero.

NO HAY MANTEQUILLA
Il burro (mantequilla, che qui è salato è buonissimo) oggi è sostituito da formaggio. Lazaro mi spiega che manca spesso perché non vengono pagate le imprese (straniere) che lo producono.

Una crisi che spinge a parodie ad hoc:

Sempre Lazaro mi spiega anche che non ci sono logiche nella vendita dei prodotti all’ingrosso. Costano, in proporzione, come quelli al dettaglio. E che i prezzi sono identici ovunque. Senza promozioni o sconti. Spera che – se davvero finirà il bloqueo – qualcosa cambierà.
Paghiamo Lazaro 80 CUC per le due notti e le 4 colazioni. Ci salutiamo come vecchi amici. Spero di tornare all’Avana un’altra volta per incontrarlo (quando torneremo all’Avana, sempre a casa sua, lui infatti sarà via).


Andiamo a prendere un taxi che ci porta (con 10 Cuc) alla stazione dei pullman. È nella parte nuova della città, vicino allo zoo (con animali che sembrano in condizioni pessime, come in ogni zoo che si rispetti). Viaggiamo con Viazul e come suggerito da amici italiani che sono stati (e si sono “scottati” con esperienze negative) a Cuba, abbiamo prenotato tutte le tratte dall’Italia. Mostriamo il foglio della prenotazione e ci viene dato un biglietto nominativo. I posti sarebbero assegnati ma in realtà, il controllore grida “libre” a ogni passeggero.

IN VIAGGIO, NELLA NATURA CUBANA

Il viaggio per Trinidad dura 6 ore e salvo una musica oscena di sottofondo e un bimbo che urla frasi incomprensibili, è molto bello. Ci si mette parecchio a lasciare l’Avana e si attraversavo periferie più ricche e altre più povere.


Lungo il tragitto lo sguardo si riposa: distese verdi, con coltivazioni di banane e palme e allevamenti di mucche e cavalli (liberi al pascolo) sovrastati da falchi.
Il tutto è pochissimo abitato e l’autostrada (che arriva fino a Santa Clara) è davvero poco trafficata.
Un viaggio (questo) molto rilassante.


Lungo il percorso ci si ferma per pranzo in una sorta di ristorante per turisti.

SOSTA OBBLIGATA

Il panino costa 4 Cuc. Il buffet di sola frutta 5. Il buffet compreso 10. La frutta è imbattibile. La consiglio. Ripartiamo, incontrando uno dei tanti manifesti che inneggiano alla rivoluzione castrista.


TELEFONO AMICO

Mentre viaggiamo, mi è venuta in mente un’altra peculiarità cubana: internet qui praticamente non esiste (e dove c’è è carissimo). E nemmeno il 3G. Quindi la gente usa ancora i telefoni pubblici. Così in giro non vedete nessuno che cammina compulsando sul cellulare. E chi si siede ai tavolini dei bar, non fa altro che non sia sorseggiare e chiacchierare. Senza guardare il telefono ogni due secondi. Correte prima che tutto questo – con l’arrivo dei turisti americani e del Wi-FI- finisca.
Il bus fa tappa a Cienfuegos (dove torneremo tra una settimana) e poi si dirige verso Trinidad. A volte si rallenta per via di carrozze a cavallo. Non sono ottocentesche perché il tetto è di plastica…


Il paesaggio nei pressi di Trinidad cambia decisamente: sulla sinistra si ergono vallate, sempre con mucche sovrastate da falchi.
Sulla destra compare il mare. Il che fa capire immediatamente la bellezza di Cuba.
L’autista fa varie soste, suonando il clacson e parlando con varie persone. Sono varie tappe “private” perché il bus è il più sicuro mezzo di trasporto di pacchi sull’isola. Incrociamo anche a più riprese camion adattati al trasporto persone. I passeggeri ci guardano con lo sguardo dei bambini allo zoo.


L’ASSALTO DEI VENDITORI ALL’ARRIVO

Non arriviamo ovviamente puntuali a Trinidad. ma pazienza.

All’arrivo del bus, una scena dantesca con decine di procacciatori che offrono  taxi e cases particulares a chi scende dal pullman, tenuti a debita distanza – con una corda – dai funzionari della Viazul.
Nella massa spicca un ragazzo con cartello che reca il nome di Manuela (la signora che gestisce la casa particular dove ci ha indirizzato Lazaro) e il mio. Lo seguiamo mentre ancora cercano di accalappiarci. Saliamo, dopo una decina di metri, su una bici-taxi e partiamo. Il tratto, quasi tutto sul pavé e con tante salite costerà 3 Cuc. Cominciamo ad assaporare questa città protetta dall’Unesco.


Manuela è di una gentilezza estrema e la casa (Calle Lino Pérez 372) che amministra di una bellezza assoluta. La camera è davvero grande e si fa colazione sotto un gazebo naturale.
La padrona di casa ci spiega come raggiungere il mare: il bus passerà domattina alle 9 proprio davanti a casa. Unico elemento negativo che salta all’occhio di Manuela: ci dice almeno tre volte di andare a un ristorante a suo nome (ce lo scrive anche su un foglio). È in pieno centro, in Plaza Mayor, e affollato  di turisti. Comunque la accontentiamo. Anche se scegliamo i piatti meno cari del menù. Ascoltando qualche canzone che scalda il cuore.

PASSEGGIANDO PER TRINIDAD

Trinidad è molto diversa e molto più bella dell’Avana. I ritmi qui sono più blandi. Le case tutte basse. Persino la parlata è più lenta (e per noi più comprensibile). Ci sono venditori di pane, di dolci e granite ovunque.
Poche le macchine in giro, parecchie le bici. E soprattutto un mare di cavalli.
Il centro storico è davvero bello e ben ristrutturato. Lo si godrebbe meglio se non si fosse infastiditi a ogni passo da qualcuno che cerca di portarti a un ristorante (persino quando esci dopo aver appena cenato!) o cerca di offrirti alcol,  taxi o sigari.


Comunque si sopporta il tutto. Oggi è sabato e gli abitanti di Trinidad (compresa la nostra elegantissima Manuela) la sera vanno ad ascoltare la musica e a ballare.  Noi ci soffermiamo invece a osservare una strana lucertola che mangia insetti intorno a una palma e arriccia la coda.

ACQUA SPRECATA

Ah, un’ultima cosa: lungo le strade c’è sempre acqua corrente e uscendo con le infradito (fa troppo caldo per indossare altro) vi bagnerete i piedi. Emery, il ragazzo che nei giorni seguenti ci accompagnerà a cavallo, ci spiegherà che sono tubature rotte (col risultato che nelle case la pressione e davvero scarsa, pure al piano terra).

Domani sera valuteremo se bagnare le scarpe o lavare bene i piedi a fine passeggiata. Opteremo per la prima ipotesi, alla fine.

Ad maiora

Murales rivoluzionario a L'Avana, Cuba

Visitare Cuba: Centro Habana

Secondo giorno di viaggio qui a Cuba. Il primo dedicato alla visita della sua capitale.

Mi sveglio alle 5 del mattino (le 10 in Italia) perché il mio corpo non si è ancora adattato al nuovo fuso orario. Marta invece ronfa di gusto. Buon per lei. 

La colazione da Lazaro è buona. Perché, come mi ricordavo da Haiti, il sapore della frutta che si trova qui non è rinvenibile altrove. Ottimo anche il caffè cubano.


Rinfrancati dal cibo ci lanciamo alla visita del centro de L’Avana, dove ci troviamo. Avevamo letto nel guest-post di Fraintesa come sarebbe stato l’approccio di tanti cubani alla vista di due stranieri che passeggiano per strada. I cosiddetti jineteros ci hanno offerto taxi-sigari-alcol-ristoranti ogni minuto e mezzo e chiesto soldi ogni cinque. Ce la siamo cavata con qualche peso convertibile (Cuc).

La città è di una bellezza decadente. Il traffico è però micidiale e la puzza di benzina di scarsa qualità ti accompagna ovunque. Le vie laterali (quelle che dal mare vengono verso il centro) sono meno trafficate. E quindi migliori da percorrere a piedi (sempre evitando, a fatica, l’offerta dei taxi).


Il caldo è opprimente. Troviamo refrigerio in un bar e soprattutto un po’ di tranquillità nella chiesa (neogotica) del Sagrado Corazon de Jesus.


Ci sono palazzi maestosi, anche se molti sono chiusi per ristrutturazione, come il Capitolio Nacional. Nessuno sa dire quando verrà riaperto questo edificio (più alto di quello di Washington cui si ispira). Questa, a quanto dicono gli habaneros con cui abbiamo parlato, sembra dovrà diventare la sede del parlamento cubano.


A pranzo mangiamo una discreta pizza, pietanza che si trova praticamente ovunque in giro per L’Avana (“La pissa, la pissa” si sente spesso gridare per strada dai venditori porta a porta). Due pizze e due bottiglie d’acqua 8 Cuc.
Costano un poco di più i vestiti che ho dovuto comprare per sopravvivere in attesa dell’arrivo della valigia che ieri non mi hanno consegnato al mio arrivo a L’Avana. Da Air France fanno sapere che è rimasta a Parigi.

CHINA TOWN SENZA CINESI
Sempre in Centro Habana visitiamo anche il quartiere cinese (Barrio Chino), uno dei più grandi delle Americhe, con una caratteristica: i cinesi se ne sono andati (in Canada e Usa) dopo la vittoria della rivoluzione socialista. Gliene era evidentemente bastata una…


A proposito di rivoluzione guevarista, in giro si trovano dei murales davvero bellissimi. A parte quelle ufficiali comunque, difficilmente ci sono altre scritte, o tag.


Aspettiamo invano un amico cubano di Marta e poi decidiamo di uscire per fare la spesa. Domani ci aspetta un lungo viaggio in bus, destinazione: Trinidad. A L’Avana, o almeno nel suo centro, non ci sono “supermercati” come li intendiamo noi, ma tanti piccoli negozi (tiendas) che vendono alcuni prodotti. Preparatevi a lunghe code, spesso infruttifere. Spesso quando entrate (siete stranieri, immediatamente riconoscibili) c’è qualcuno che vi cerca di aiutare a ordinare e poi immancabilmente vi dice che ha il bambino che sta male e ha bisogno di soldi. Anche comprare l’acqua comporta quindi un esborso doppio. La frutta (salvo le mele, ma ne parleremo tra poco) costa davvero poco: è però molto matura e quindi va mangiata praticamente subito


Sulla Lonely planet indicano un negozio dove si può trovare di tutto, ma non troviamo il posto! Nel frattempo, camminando sotto il sole, siamo passati da Centro Habana a Habana Vieja. Se nella prima ci sono case diroccate e tanti cubani, qui le case sono tutte in ordine e incrociamo turisti a frotte. Malgrado questi segnali di allarme, incappiamo nella prima fregatura cubana: compiamo cinque mele che ci vengono fatte pagare 5 pesos convertibili. Cinque euro al chilo, praticamente. Manco in Montenapoleone! Va beh, ci consoliamo pensando che quello dovrebbe essere il costo del pranzo di domani (insieme a qualche snack).


A cena seguiamo pedissequamente la Lonely e andiamo da Hanoi ristorante di cucina cubana nella Habana Veja. Troviamo quattro inglesi tutti muniti, come noi, della stessa guida inglese (praticamente ne conteremo decine di copie al giorno, stessa foto in copertina, qualcuna col titolo Kuba, alla tedesca). Mangiamo bene, ascoltando musica cubana.

I prezzi sono onesti (12.50 Cuc, più mancia per camerieri e musicisti) e nel menù c’è una parte vegetariana. Miracolo!  Marta entusiasta della salsa ai pomodori che accompagnava i gamberetti.


Usciamo dal locale (che di Vietnam ha solo il nome) e andiamo a fare due passi in Plaza Veja (visiteremo con calma il resto della città vecchia al nostro ritorno, tra una settimana). È un posto davvero magico… Ma sembra di stare in Spagna! Tutto è perfetto, assolutamente in dissonanza col resto dell’Avana.


Forse anche per questa ragione, la maggioranza di quanti passeggiano qui sono turisti stranieri. Torniamo subito nel “nostro” quartiere (Centro Habana). Lo si riconosce dalle strade dissestata e dalla gente che cammina senza la guida turistica in mano (semmai con della frutta).


Si vedono anche ragazzini che giocano a pallone per strada (scena da noi scomparsa negli anni ’70) e altri che giocano a basket, in mezzo al traffico (scena da noi mai vista, ma negli States sì).


Andiamo a dormire abbastanza presto ma veniamo svegliati (il plurale qui è maiestatis) da Lazaro che ci invita ad alzarsi perché dall’aeroporto hanno riportato la valigia. Miracolo. Firmo al buio un foglietto che mi pone il tassista e riporto il mio bagaglio disperso in camera. Non lo apro nemmeno e mi rimetto a dormire. Soddisfatto. Domani affronterò il viaggio coi miei vestiti.

Ad maiora.

Visitare Cuba. Da Milano a L’Avana (via Parigi)


 Primo giorno del nostro viaggio nell’isola dei Castro.

In volo per L’Avana, partendo da Linate e facendo scalo a Parigi. Biglietto comprato sul sito di Air France ma con prima tratta Alitalia: il dettaglio non sarà di poco conto, ma lo scopriremo arrivati a Cuba.

A Parigi ci sorbiamo un’ora e mezza di fila per fare il secondo check-in visto che a Linate non avevano potuto farlo (curioso pure questo fatto). I bagagli, in teoria, sono partiti per Cuba. Ma vedremo che non sarà proprio così.

Da Charles de Gaulle a Josè Martì, il volo di dieci ore mi è sembrato infinito. Ho da poco provato, con tempistiche anche più lunghe, un Helsinki-Seul, con Finnair e devo dire che la compagni finlandese batte la francese senza alcun dubbio.


Io e mia figlia Marta siamo sistemati negli ultimi due sedili e quindi abbiamo perennemente al nostro fianco la fila di chi va in bagno. Il telecomando del monitor coi film in compenso non va. E quindi dobbiamo zigzagare sui vari canali a disposizione aspettando che un film finisca per vederlo dall’inizio. Marta si sciroppa due volte Still Alice (pellicola notevole comunque).

PER PASTO: PETTO DI POLLO…

Prima di partire come sempre mi ero iscritto (come faccio sempre, con questa precipua finalità) al programma di Frequent Flyer della compagnia aerea (Flying Blue) per segnalare che sono vegetariano. La notizia compariva anche sul biglietto. Ovviamente il pasto che mi viene servito a diecimila piedi sull’Oceano Atlantico è a base di pollo. Verrà corretto, solo dopo essere stato respinto.
All’Avana i controlli sono infiniti. Non solo il passaporto e la Tarjeta de Turista (il visto: a Milano si acquista per 25 euro a Cuba Point, sotto l’affollato consolato cubano di via Pirelli 30). Ma persino con metal detector. È la prima volta che mi succede uscendo da un aeroporto. Anzi, dalla prima parte dello scalo. Perché manca ancora il ritiro bagagli. Il mio risulta ovviamente smarrito. Dopo inutile ricerca, ci facciamo una discreta coda al Lost and Found e finalmente usciamo.

Fuori, al caldo umido di Cuba, ci aspetta l’autista mandato da Lazaro, il padrone della Casa Particular dove alloggiamo all’Avana. Prima di partire il tassista ci invita a cambiare gli euro in Cuc (la moneta cubana per noi stranieri, cambio 1-1 col dollaro): altra mezz’ora di coda. Questa della doppia valuta qui a Cuba causa confusione e permette a molti furbacchioni di approfittarne. Ai turisti vengono dati solo Cuc, ossia pesos convertibili. Ma se riuscite procuratevi i pesos cubani (Cup o MN, Moneda Nacional) col quale comprare il cibo per strada.

Dopo aver cambiato euro in Cuc, saliamo infine su una meravigliosa Cadillac degli anni ’50 e con questa vettura fuori dal tempo (e un’assurda colonna sonora) iniziamo l’avventura cubana. Il centro della capitale è affascinante di sera, grazie alla mancanza di traffico e a un’illuminazione gialla e a sfarfallio che da noi non si vede da tempo.

Arriviamo alla Casa Particular, molto pulita e carina (siamo in Centro Habana, all’angolo tra Neptuno e Aguila, dietro il Capitolio e l’Hotel Inglaterra). Paghiamo il tassista (25 Cuc) e chiacchieriamo col padrone di casa, Lazaro. Gli raccontiamo della disavventura aeroportuale e ci rassicura: chiamerà lui in aeroporto per recuperare il bagaglio.

Ci intrattiene elogiando a più riprese il coraggio di Obama, “primo presidente americano ad aver parlato ai cubani direttamente dalla loro tv”.

Concordiamo con lui e andiamo a letto: per il fuso italiano sono quasi le 5 del mattino, mentre qui non sono nemmeno le 11. In stanza, vitale (anche se rumorosa) aria condizionata a manetta.

Ad maiora

Rinviato a ottobre il processo a una Femen francese

Eloïse Bouton aveva manifestato nel dicembre del 2013 nella chiesa parigina della Madeleine.

Sul suo corpo nudo scritte che ricordavano le 343 donne che nel 1971 firmarono lo storico manifesto per la depenalizzazione dell’aborto.

Ad maiora