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Visitare Cuba: da Cienfuegos a L’Avana

Prima di fare colazione sistemo la valigia. Ho quasi finito i contanti e quindi, non avendone più bisogno, posso mettere via la fascia nascondi soldi che di solito mi porto in giro. Si può sopravvivere anche senza bancomat e carte di credito, pagando tutto in contanti, come si fa qui a Cuba, ma i rischi di portarsi in giro il malloppo sono evidenti. 

IN VIAGGIO, SENZA MUSICA

Vorrei sentire Deezer ma si è sloggato da solo e da qui non si può fare log in. Quindi addio all’ascolto di musica scaricata. Mannaggia a queste app di musica condivisa che ti abbandonano nel momento del bisogno.

I SOLITI DISSERVIZI VIAZUL

Facciamo l’ultima colazione da Ileana. Ci scambiamo i numeri di telefono e andiamo, a piedi (dista una decina di minuti) fino alla stazione dei bus Viazul. È il nostro ultimo viaggio su questi pullman e, vista la disavventura dell’andata, ci auguriamo che questa volta vada tutto bene. Così non sarà, purtroppo: anche se ci presentiamo un’ora prima della partenza (come prescritto dalle regole qui) il “capo-stazione” ci dice che sul bus delle 10 non ci sono tre posti per noi. Protestiamo. Facciamo presente di aver già pagato, e da tempo, quei posti per L’Avana ma lui dice che hanno problemi con internet e non è colpa sua. Ci propone di prendere il bus che sta partendo per Varadero (l’unica meta che abbiamo escluso dal nostro viaggio fin dall’inizio) e che arriverà a L’Avana alle 17 (7 ore di viaggio, contro le 4 previste). Rifiutiamo. Ci dicono di aspettare l’arrivo del bus (da Trinidad) per capire quanti posti ci saranno per L’Avana. Con l’umore davvero inverso, ci mettiamo a sedere nel caldo di questa vecchia sala d’aspetto.

LA LOTTERIA DEI BIGLIETTI

Dopo un’ora di attesa, e vari tentativi di protesta in spagnolo, all’arrivo del bus, miracolosamente ci trovano i tre posti. Qui strappano i biglietti con il righello, come si faceva da noi un tempo, quando c’era il Totocalcio. E in effetti questa sembra proprio una lotteria. Oggi ci è andata bene: siamo riusciti a prendere il bus che avevamo prenotato un mese fa! Se tornassimo a Cuba, eviteremmo Viazul.

SOSTA IN MEZZO ALL’AUTOSTRADA

Il viaggio scivola via tranquillo. Gli autisti (sono sempre in due e si alternano alla guida) si fermano a un certo punto a mangiare qualcosa. Poi lungo l’autostrada individuano un loro amico che guida un camion. Lo affiancano, aprono la porta e ci fanno due chiacchiere prima di ripartire strombazzando. Il tutto occupando due delle tre corsie dell’autopista. Scena inedita.

SCENDETE E SPENDETE

A un’ora e mezza da L’Avana c’è una sosta obbligata e tutti devono scendere dal bus. Si può andare in bagno (obbligatoriamente pagando almeno 0,25 Cuc per entrare, ottenendo qualche quadretto di carta igienica), fare shopping (solita paccottiglia di vacanza) o mangiare. Si paga solo in Cuc, come ampiamente scritto. Come dire: è un posto per stranieri…

L’ASSALTO DEI TASSISTI

Arriviamo a L’Avana con solo mezz’ora di ritardo è appena scesi dal bus veniamo assaliti dai tassisti più o meno abusivi che ci offrono passaggi in città. Il tutto mentre, a fatica, cerchiamo di recuperare i nostri bagagli. Contrattiamo alla fine il prezzo con un autista (5 Cuc, ossia dollari, come all’andata) e puntiamo verso la nostra nuova casa particular. Questa ci è stata prenotata da Ileana o meglio quella che conosceva Ileana era occupata e ci ha dirottato qui: Rojal House (Calle 10, n.113).

Vedado, L'Avana, Cuba

Siamo nel Vedado, il quartiere residenziale della capitale cubana, decisamente meglio temuto del resto della città. A gestire la nostra casa una coppia di giovani italo-cubani. Lui è laziale e adora stare qui. Lei (che parla benissimo la nostra lingua) ci sembra rimpiangere un po’ l’Italia. La casa è grande e pulita e dotata, sul tetto, di un ampio terrazzo dove domattina penso faremo colazione.

Ci riposiamo un po’ aspettando che il sole scenda all’orizzonte e poi andiamo a esplorare il nuovo quartiere: case basse e colorate, parchi e panchine. Sembra davvero un’altra Avana. 

I pali che sostenevano le bandiere cubane

Non a caso questa è la zona delle ambasciate. Proprio a tal proposito la nostra meta è il grattacielo (Us Interest Section) dove tra qualche giorni aprirà, dopo 60 anni, la rappresentanza diplomatica statunitense. È dai tempi di Carter che qui c’è un edificio a stelle e strisce (ma non ufficialmente, e quindi senza bandiere). Con l’arrivo dei Bush, questo grattacielo è risultato indigesto al regime cubano che gli ha creato di fronte una muraglia di bandiere cubane (138, come gli anni della lotta tra i due paesi vicini) e una piazza chiamata Tribuna anti-imperialista. Piena di minacciose scritte.

Scritte davanti all'Ambasciata americana a Cuba

L’edificio è circondato da poliziotti che ti allontanano da esso e, con nostra sorpresa, notiamo che sono state ammainate tutte le bandiere cubane. Tutte tranne una che sarà tirata giù in fretta e furia durante la nostra breve permanenza in loco. Decisamente un gesto di benvenuto verso il nuovo ambasciatore Usa in arrivo.

L'ambasciata degli Stati Uniti a L'Avana

Sulla Tribuna anti-imperialista. dove di solito si tengono comizi contro gli Estados Unitos, oggi c’è uno spettacolo per piccoli cubani. Il clima è decisamente cambiato.

Proseguiamo la nostra passeggiata per il Vedado. Decidiamo di andare a piedi pur facendoci gola i coco-taxi.

Coco-Taxi al Vedado, L'Avana, Cuba

Anche in questa zona de L’Avana ci sono bambini che giocano a pallone per strada e tanti cani e gatti randagi. L’obiettivo della nostra passeggiata è Bollywood che sulla Lonely indicano come primo e ottimo ristorante indiano di Cuba. Dopo qualche chilometro ci stanchiamo di passeggiare e fermiamo un taxi (una Lada con interni a pois neri su sfondo rosso). Non conosce il posto ma ci porta in zona e comincia a chiedere in giro…scoprendo infine che è chiuso da sei mesi! Il tassista cerca di cogliere la palla al balzo e portarci in un ristorante spenna-turisti con vista mare. Ma noi per fortuna, sempre tramite la guida, avevamo adocchiato un ristorante amico dei vegetariani vicino a “casa” e quindi ci rifacciamo portare indietro (8 Cuc andata e ritorno).

Interni del Ristorante Decameron a L'Avana

Il Decameron è davvero un posto carino, arredato con decine di orologi a pendola.

Dentro aria condizionata a palla e parecchi turisti. Il menù offre parecchie pietanze vegetariane di buona qualità. Così ci abbuffiamo… Alla fine però il conto non è salato: 25 Cuc in tre.

Casa del Vedado, L'Avana, Cuba

Torniamo nella nostra casa particular e ci mettiamo sul terrazzo a prendere un po’ d’aria fresca e a osservare un temporale in lontananza: non arriverà mai fino a L’Avana.

Ad maiora

Visitare Cuba: da Santa Clara a Sancti Spiritus

Sveglia e colazione un po’ affrettata qui a Santa Clara.

Marta, ancora con problemi fisici malgrado i vari farmaci presi, viene infine convinta dalla padrona della nostra casa particular ad andare dall’anziana che cura i malanni premendo sul braccio. Stile agopuntura, mi spiega Wicky, che ci porta dalla guaritrice e che poi corre a lavorare.

A Marta dopo il trattamento manuale viene dato un bicchierone di acqua, limone e sale. Vedremo se il tutto avrà effetto. Intanto la registriamo come nuova esperienza.

SI RIPARTE! 

Salutiamo tutti in fretta, paghiamo 63 Cuc (ossia 63 dollari) per due notti e quattro colazioni. La nonna ci augura Buena Suerte da dietro il cancello. Dobbiamo mandar loro una cartolina dall’Italia.

ASPETTANDO IL BUS

La stazione dei bus di Viazul qui a Santa Clara e abbastanza incasinata. Ciò che è certo che ogni capolinea di Viazul fa come gli pare. All’Avana ci hanno caricato i bagagli e stop. A Trinidad ci hanno rilasciato un scontrino per i due bagagli, invitando a lasciare mancia. Qui a Santa Clara ci viene chiesto un Cuc per bagaglio (penso sia invece già compreso nel prezzo del biglietto). Nell’attesa di partire Marta nutre uno dei tanti cani randagi cubani.

 Il bus per Sancti Spiritus (ma arriva fino a Santiago dall’altra parte dell’isola), è in overbooking: c’è gente seduta per terra. Il problema è internet!, dice il bigliettaio. Per fortuna la nostra tratta dura solo un’ora e mezza (e noi siamo miracolosamente seduti ai nostri posti, prenotati e pagati dall’Italia).

NIENTE ALBERGO, SEMPRE CASA PARTICULAR

Fermandoci una sola notte nella nostra prossima tappa, Sancti Spiritus, avevamo pensato di ricorrere a un classico albergo. Wicky ce lo sconsiglia (è una donna energica cui piace avere ragione) e ci prenota da Hector, casa particular nel cuore di Sancti Spiritus. La scelta si rivela a prima vista assennata: non solo Hector ci viene a prendere alla stazione dei bus ma durante il tragitto per casa ci fa da Cicerone.

La casa è centralissima è davvero molto bella (e colonica). La stanza è fresca e dotata di grande frigo e piccolo televisore. A differenza di Wicky, Hector ha molte stanze e fa della ospitalità la sua professione.

NELLA NUOVA CITTA’

Sancti Spiritus assomiglia molto a Trinidad, ma senza turisti e senza caos. La vita ha qui, se possibile, ritmi ancora più rilassati che altrove.

La vita gira intorno al Parque Serafín Sánchez, che è in realtà una piazza circolare con dei giardini in mezzo. Su un lato spicca l’azzurro dell’Hotel Plaza, uno dei più belli della città (unno dei due dove avevamo pensato di alloggiare).

A PIEDI

Come Santa Clara, anche a Sancti Spiritus la via commerciale è pedonalizzata e piacevole da percorrere: Indipendecia Sur che parte dalla piazza principale ha tanti negozi, per lo più con merce per cubani anche se qualche tienda turistica non manca.

 Non ci sono però molti turisti (nemmeno cubani) e alcune stradine, bellissime, risultano deserte.

 PAGHIAMO IN CUP

Avendo avuto come resto dei pesos cubani comincio a pagare il cibo con questi (i Cup). E i prezzi vanno in picchiata: un gelato 2 pesos, un cono di deliziosi churros solo 5, ossia 25 centesimi di Cuc (ossia di dollaro).

 L’altro punto di riferimento del centro è Plaza Honorato, dove gli spagnoli eseguivano le condanne a morte. Anche questa piazza è dominata da un bellissimo Hotel, il del Rijo (l’altra nostra opzione).

SOTTO IL PONTE DI SANCTI SPIRITUS

La principale attrazione di Sancti Spiritus è un grande ponte a dorso d’asino fatto costruire dagli spagnoli nell’800. Approfittiamo dell’ombra delle sue arcate per godere di un po’ di ombra.

AL MUSEO COLONIALE 

Tornando andiamo a visitare il Museo de Arte Colonial, ospitato in un bel palazzo seicentesco. Non è tanto grande e non vale i 2 Cuc a testa che paghiamo. Veniamo pure seguiti passo passo dal personale. E riusciamo solo a scattare questa foto.

 Chiudiamo il nostro giro pomeridiano con la visita alla Iglesia del Espirito Santu. Essendo del 1522 si dice sia una delle più antiche di Cuba: è comunque più affascinante fuori che dentro.

 Quando usciamo il caldo sta calando. I cubani a quest’ora amano sedersi sull’uscio della porta. A chiacchierare, tra loro, scambiando qualche battuta di spirito con chi passa per strada.

 Arriviamo alla Chiesa di Nuestra Senora de la Caridad che a quest’ora è chiusa. Davanti spicca una delle tante statue dedicate ad Antonio Maceo, uno dei generali della guerra di indipendenza.

TIMBRE AQUI!

Non essendoci praticamente internet e pure pochi cellulari, i cubani usano citofonare (qui dicono timbrar) per chiamare qualcuno, come si faceva da noi qualche anno fa. E così capita di leggere un cartello che invita a non disturbare visto che chi aggiusta le lavatrici ha cambiato indirizzo.

 Ci sono più negozi che aggiustano le cose di quanti ne vendano di nuove. Colpa del bloqueo statunitense di sicuro, ma decisamente meglio del consumismo che fa deperire i “beni” in pochi anni.

A CENA, NEL RISTORANTE STATALE

Per cena fatichiamo a trovare un ristorante che non sia deserto. Ci infiliamo quindi in uno, statale, pieno di cubani. Qui si paga solo con pesos (Cup). Un’insalata mista (altro per vegetariani non c’è, salvo l’ennesima frittata), un piatto di riso, pane (secco) e due bicchieri di succo di mango ci costano solo 15 pesos. Circa 60 centesimi di Cuc (dollari). Nel pomeriggio un pacchetto di patatine ci era costato quasi il doppio: 1,20 Cuc. Misteri della doppia moneta cubana.

 La stanza di Hector (il proprietario della nostra casa particular) sarebbe sì fresca, ma viene riscaldata dal rumoroso condizionatore dei turisti vicini a noi. Anche il “nostro” patio è reso poco invitante da aria calda e rumore. Di notte saremo costretti ad accendere il ventilatore.

Ad maiora

Visitare Cuba: da L’Avana a Trinidad

La valigia (dispersa da Air France due giorni fa e arrivata ieri sera) ci guarda implorante. La apro un attimo, ma subito la richiudo. Decido di rimanere vestito un altro giorno con gli abiti “cubani” che mi sono comprato quando avevo il bagaglio ancora a Parigi. Facciamo colazione alla Casa Particular. Colazione come sempre ricca di frutta (dal sapore davvero tropicale), con omelette e caffè nero.

NO HAY MANTEQUILLA
Il burro (mantequilla, che qui è salato è buonissimo) oggi è sostituito da formaggio. Lazaro mi spiega che manca spesso perché non vengono pagate le imprese (straniere) che lo producono.

Una crisi che spinge a parodie ad hoc:

Sempre Lazaro mi spiega anche che non ci sono logiche nella vendita dei prodotti all’ingrosso. Costano, in proporzione, come quelli al dettaglio. E che i prezzi sono identici ovunque. Senza promozioni o sconti. Spera che – se davvero finirà il bloqueo – qualcosa cambierà.
Paghiamo Lazaro 80 CUC per le due notti e le 4 colazioni. Ci salutiamo come vecchi amici. Spero di tornare all’Avana un’altra volta per incontrarlo (quando torneremo all’Avana, sempre a casa sua, lui infatti sarà via).


Andiamo a prendere un taxi che ci porta (con 10 Cuc) alla stazione dei pullman. È nella parte nuova della città, vicino allo zoo (con animali che sembrano in condizioni pessime, come in ogni zoo che si rispetti). Viaggiamo con Viazul e come suggerito da amici italiani che sono stati (e si sono “scottati” con esperienze negative) a Cuba, abbiamo prenotato tutte le tratte dall’Italia. Mostriamo il foglio della prenotazione e ci viene dato un biglietto nominativo. I posti sarebbero assegnati ma in realtà, il controllore grida “libre” a ogni passeggero.

IN VIAGGIO, NELLA NATURA CUBANA

Il viaggio per Trinidad dura 6 ore e salvo una musica oscena di sottofondo e un bimbo che urla frasi incomprensibili, è molto bello. Ci si mette parecchio a lasciare l’Avana e si attraversavo periferie più ricche e altre più povere.


Lungo il tragitto lo sguardo si riposa: distese verdi, con coltivazioni di banane e palme e allevamenti di mucche e cavalli (liberi al pascolo) sovrastati da falchi.
Il tutto è pochissimo abitato e l’autostrada (che arriva fino a Santa Clara) è davvero poco trafficata.
Un viaggio (questo) molto rilassante.


Lungo il percorso ci si ferma per pranzo in una sorta di ristorante per turisti.

SOSTA OBBLIGATA

Il panino costa 4 Cuc. Il buffet di sola frutta 5. Il buffet compreso 10. La frutta è imbattibile. La consiglio. Ripartiamo, incontrando uno dei tanti manifesti che inneggiano alla rivoluzione castrista.


TELEFONO AMICO

Mentre viaggiamo, mi è venuta in mente un’altra peculiarità cubana: internet qui praticamente non esiste (e dove c’è è carissimo). E nemmeno il 3G. Quindi la gente usa ancora i telefoni pubblici. Così in giro non vedete nessuno che cammina compulsando sul cellulare. E chi si siede ai tavolini dei bar, non fa altro che non sia sorseggiare e chiacchierare. Senza guardare il telefono ogni due secondi. Correte prima che tutto questo – con l’arrivo dei turisti americani e del Wi-FI- finisca.
Il bus fa tappa a Cienfuegos (dove torneremo tra una settimana) e poi si dirige verso Trinidad. A volte si rallenta per via di carrozze a cavallo. Non sono ottocentesche perché il tetto è di plastica…


Il paesaggio nei pressi di Trinidad cambia decisamente: sulla sinistra si ergono vallate, sempre con mucche sovrastate da falchi.
Sulla destra compare il mare. Il che fa capire immediatamente la bellezza di Cuba.
L’autista fa varie soste, suonando il clacson e parlando con varie persone. Sono varie tappe “private” perché il bus è il più sicuro mezzo di trasporto di pacchi sull’isola. Incrociamo anche a più riprese camion adattati al trasporto persone. I passeggeri ci guardano con lo sguardo dei bambini allo zoo.


L’ASSALTO DEI VENDITORI ALL’ARRIVO

Non arriviamo ovviamente puntuali a Trinidad. ma pazienza.

All’arrivo del bus, una scena dantesca con decine di procacciatori che offrono  taxi e cases particulares a chi scende dal pullman, tenuti a debita distanza – con una corda – dai funzionari della Viazul.
Nella massa spicca un ragazzo con cartello che reca il nome di Manuela (la signora che gestisce la casa particular dove ci ha indirizzato Lazaro) e il mio. Lo seguiamo mentre ancora cercano di accalappiarci. Saliamo, dopo una decina di metri, su una bici-taxi e partiamo. Il tratto, quasi tutto sul pavé e con tante salite costerà 3 Cuc. Cominciamo ad assaporare questa città protetta dall’Unesco.


Manuela è di una gentilezza estrema e la casa (Calle Lino Pérez 372) che amministra di una bellezza assoluta. La camera è davvero grande e si fa colazione sotto un gazebo naturale.
La padrona di casa ci spiega come raggiungere il mare: il bus passerà domattina alle 9 proprio davanti a casa. Unico elemento negativo che salta all’occhio di Manuela: ci dice almeno tre volte di andare a un ristorante a suo nome (ce lo scrive anche su un foglio). È in pieno centro, in Plaza Mayor, e affollato  di turisti. Comunque la accontentiamo. Anche se scegliamo i piatti meno cari del menù. Ascoltando qualche canzone che scalda il cuore.

PASSEGGIANDO PER TRINIDAD

Trinidad è molto diversa e molto più bella dell’Avana. I ritmi qui sono più blandi. Le case tutte basse. Persino la parlata è più lenta (e per noi più comprensibile). Ci sono venditori di pane, di dolci e granite ovunque.
Poche le macchine in giro, parecchie le bici. E soprattutto un mare di cavalli.
Il centro storico è davvero bello e ben ristrutturato. Lo si godrebbe meglio se non si fosse infastiditi a ogni passo da qualcuno che cerca di portarti a un ristorante (persino quando esci dopo aver appena cenato!) o cerca di offrirti alcol,  taxi o sigari.


Comunque si sopporta il tutto. Oggi è sabato e gli abitanti di Trinidad (compresa la nostra elegantissima Manuela) la sera vanno ad ascoltare la musica e a ballare.  Noi ci soffermiamo invece a osservare una strana lucertola che mangia insetti intorno a una palma e arriccia la coda.

ACQUA SPRECATA

Ah, un’ultima cosa: lungo le strade c’è sempre acqua corrente e uscendo con le infradito (fa troppo caldo per indossare altro) vi bagnerete i piedi. Emery, il ragazzo che nei giorni seguenti ci accompagnerà a cavallo, ci spiegherà che sono tubature rotte (col risultato che nelle case la pressione e davvero scarsa, pure al piano terra).

Domani sera valuteremo se bagnare le scarpe o lavare bene i piedi a fine passeggiata. Opteremo per la prima ipotesi, alla fine.

Ad maiora

Sapere di non sapere 

L’idea che internet democratizzi il sapere e lo renda disponibile a tutti è in realtà fuorviante. Quello che avviene è esattamente il contrario. Internet non livella le differenze culturali, ma le accentua. Solo chi è già istruito riesce a farne un uso critico ed efficace, riuscendo a distinguere nell’ammasso informe di notizie e dati le cose sensate dalla semplice paccottiglia. Chi invece non ha strumenti culturali adeguati vive nell’illusione di conoscere. E illudersi di sapere, mi si consenta di scomodare il caro, vecchio Socrate, è molto peggio che “sapere di non sapere”.

Pietro Trabucchi, Tecniche di resistenza interiore, Mondadori 2014 

Autocontrollo

Soggetti dalla forte volontà  individuale non sono buoni consumatori. La capacità di resistere alle tentazioni, infatti, va a discapito della propensione al consumo. Il trucco per allevare bramosi consumatori consiste dunque nello sfavorire e impedire un pieno sviluppo delle aree celebrali che presiedono all’autocontrollo.

Come si fa? Semplice, basta minare fin da piccoli la capacità di regolare l’attenzione creando un ambiente distraente e iperstimolante. Le aree celebrali che regolano l’attenzione sono infatti le stesse che presiedono l’autocontrollo. La tecnologia per fare tutto questo esiste già da un pezzo. Si chiama televisione, internet, social network: gli strumenti di “distrazione di massa”. Se la tecnologia non va demonizzata, bisogna però essere consapevoli degli effetti inopportuni che produce. Occorre farne un uso consapevole.

Pietro Trabucchi, Tecniche di resistenza interiore, Mondadori 2014