Turisti

Visitare Cuba: Habana Vieja

Anche se abbiamo fatto le ore piccole, facciamo colazione verso le 9. Fa un caldo torrido qui a Cuba e quindi per fare visita alle città, bisogna sfruttare la mattina e il tardo pomeriggio (anche se la maggior parte del musei chiude presto).

NELLA PARTE STORICA

La mattinata la dedichiamo all’Habana Vieja, invasa di turisti assediati da venditori di qualsiasi cosa. I questuanti più assurdi sono quelli che ti seguono suonando. Sembrano i Mariachi di una vecchia pubblicità.

PRIMA TAPPA, MERCATINO

Partiamo da Calle Obispo, una stretta via pedonale che unisce il centro con la città vecchia. È piena di negozi, ma ci soffermiamo in un mercato dell’artigianato.

 Proseguendo su Obispo andiamo a visitare il Museo 28 Septiembre dedicato ai CDR, i Comitati per la Difesa della Rivoluzione, sorta di guardiani della rivoluzione castrista che sono disseminati in ogni angolo del paese. Un grafico mostra che gli iscritti sono più di 8 milioni su una popolazione che ne conta 11. Quando si dice un regime efficiente…

 I due piani del Museo (costo 2 Cuc, ossia 2 dollari) sono un inno alla propaganda socialista e a chi la difende a ogni costo.

 Usciamo e raggiungiamo la Plaza de Armas, piazza abbellita da gigantesche palme reali e dove c’è un mercatino dei libri.

Per sfuggire ai questuanti entriamo al Museo de la Ciudad, che merita una visita soprattutto per ammirare l’edificio dall’interno: è il Palacio de los Capitanes Generales, monumento barocco del 1770 (con al centro una statua dedicata a Garibaldi). Il costo a persona è di 3 Cuc.

 Uscendo dal Museo e girando a sinistra si arriva al mare e al Castillo della Real Fuerza, dove ci fermiamo poco, preferendo sederci ad ammirare il panorama (disturbati dalla continua offerta di taxi).

 Ritorniamo verso la città vecchia e ci soffermiamo ad ammirare Plaza di San Francisco de Asis, con la chiesa dedicata al primo francescano (dove non si svolgono più funzioni religiose da quasi 180 anni).

 Lungo Calle Mercaderes ammiriamo il lavoro di restauro che è stato fatto in questa parte della capitale cubana.

 Dopo esserci persi per evitare le frotte di turisti, sbuchiamo in Plaza Vieja. Bruciata dal sole ha meno fascino che di sera.

 Chi al sole brilla è invece il Gran Teatro de la Habana che con i suoi 2000 posti è uno più grande di tutte le Americhe. Come il vicino Capitolio anch’esso è chiuso per restauri.

 Le principali strade della capitale hanno dei portici, che un tempo dovevano essere magnifici e ora sono molto rovinati. Sotto uno dei questi troviamo una famigliola che ha messo una piscinetta per i bimbi.

 Fa infatti molto caldo e questo rende camminare per L’Avana molto faticoso. Anche il traffico caotico (e puzzolente) fa rimpiangere le città di provincia che abbiamo visitato nei giorni scorsi. Ci consola solo la vista di alcune signore che chiacchierano aspettando la sera.

Per cena torniamo al ristorante Hanoi, dove eravamo già stati (uno dei pochi con menù vegetariani) e poi sul Malecón. Il sole è appena tramontato. Ma basta aspettare qualche minuto per osservare l’effetto del sole sulle nuvole. La silhouette di un pescatore in controluce fa il resto.

Il tramonto sul Malecon de L'Avana

Il tramonto sul Malecon de L’Avana

Ad maiora

Visitare Cuba: da Trinidad a Santa Clara

Stamattina dormiamo un po’ di più. Gli unici due posti che ho trovato sul bus Viazul per Santa Clara sono infatti solo alle 3 del pomeriggio. Ci dedichiamo quindi a una visita culturale qui a Trinidad: al Museo Historico Municipal a due passi da Playa Grande (Simón Bolivar 423).

AL MUSEO MUNICIPALE

È una casa coloniale riattata a museo. Si capisce in questo modo come vivevano i ricchi a Cuba prima della rivoluzione. E un po’ di stanze sono dedicate a cimeli della lotta di liberazione, dagli spagnoli (e dagli americani) e da Batista. L’entrata costa 2 Cuc (ossia 2 dollari), di più se avete macchina fotografica. Non hanno ancora considerato che i cellulari moderni scattano foto.

IL QUOTIDIANO

Dopo aver acquistato qualche volta Granma (il giornale del partito, dove imperversano i Castro) compriamo, uscendo dal museo, Juventud Rebelde, il quotidiano dei giovani comunisti. Quando chiediamo quanto costa ci dicono “quanto vuoi” perché il prezzo è solo in pesos cubani, non in quelli convertibili.

Sulla prima pagina svetta, sotto la data, la segnalazione del fatto che sia il 57′ anno dal rivoluzione.

Mi ricorda le scritte italiane del Ventennio: XI E.F.

 Torniamo alla casa particular. Salutiamo Manuela. Paghiamo il dovuto: 25 Cuc a notte per la doppia più 3 Cuc a testa per la colazione. Due delle nostre colazioni la nostra padrona di casa ce le abbuona perché Marta, ancora non in forma, le ha praticamente saltate. Da noi le avrebbero fatte pagare tutta la vita!

Buona Suerte, Manuela (avida lettrice di Juventud Rebelde, da cui ha tratto – l’ho scoperto oggi – le notizie sul cambiamento climatico che sta colpendo anche i Caraibi).

FA CALDO…

Prendiamo una bici-taxi per andare alla stazione dei bus. Prima facciamo di nuovo un salto alla farmacia internacional per tentare una strada alternativa per risolvere i persistenti guai fisici di Marta. Il tassista ci chiede da dove veniamo e dopo averlo scoperto dice che alla Tg cubano hanno detto che in Italia c’è un’ondata di calore pazzesca. Pazzesco che ne parlino fin qui, dove comunque si schiatta. Globabilizzazione meteorologica.

Decidiamo comunque di chiamare a casa per sincerarsi che tutto sia ok.

IN BUS

Arriviamo alla stazione dei bus di Viazul un’ora prima della partenza (tempo necessario per confermare la prenotazione).

Il bus parte quasi in orario. Ma l’attesa avviene sotto la canicola perché non ci fanno salire finché non sono scoccate le 15. La seduta è molto più comoda di quella del Viazul precedente. Ma misteriosamente c’è un fastidioso odore di pipì.

Su questi bus ci sono quasi solo stranieri. Raramente cubani. Al più cubane accompagnate ad attempati italiani. Brutta roba.

Durante il viaggio, dove si dondola a destra e sinistra come in nave, becchiamo il primo acquazzone tropicale. In alcuni punti del bus la poggia entra e bagna i passeggeri. Non noi, per nostra fortuna.

 Il bus fa tappa obbligata a Cienfuegos, non lontano dalla Baia dei Porci, dove torneremo tra una settimana.

Cienfuegos, o almeno la sua periferia, sembra una città con troppi casermoni ma un sacco di murales rivoluzionari. Il centro, come avremo modo di scoprire, è uno dei meglio conservati qui a Cuba.

TASSISTI ALL’ASSALTO, ANCHE A SANTA CLARA

L’arrivo a Santa Clara è simile a quello di Trinidad e si è assediati da persone che cercano di venderti qualunque cosa. Marta dice che è anche peggio perché i tassisti tentano di strapparti di mano la valigia per portarti nelle (loro) case particular. Noi cerchiamo il nostro tassista, Adalberto, che ci aspetta con cartello recante la scritta: Andrea y Marta. La prima cosa che chiede è: Como sta la chica? Potenza delle donne delle case particular (la nostra nuova padrona di casa, contattata da quella precendente, deve aver parlato al tassista dei problemi fisici di mia figlia).

Raggiungiamo Casa Vida con una bicitaxi (solo leggendo la guida fino in fondo scoprirò che sono vietate agli stranieri).

Santa Clara, come ci spiega Adalberto – che pedala e suda all’unisono – è meno turistica e molto più grande di Trinidad.

Ci offre di accompagnarci in un giro turistico domani in bici. Paghiamo i 5 pesos del viaggio dalla stazione dei bus a Casa Vida e decliniamo l’invito per il giorno dopo.

CASA VIDA

Anche qui a Santa Clara siamo ospiti di una casa particular gestita da sole donne: mamma, figlia (tredicenne come Marta) e nonna (molto simpatica e attiva, pur in carrozzina). A mia figlia fanno trovare in camera un mazzolino di fiori.

La casa non ha patio ma è  bella. La stanza grande (pur con coperte troppo rosa per i miei gusti) e il bagno ha pure il bidè (ma non funziona). La doccia ha l’acqua abbondante, pure quella calda. Ma ormai mi sono abituato a quella fredda (qui a Cuba in realtà è tiepida) e rinuncio a quella (troppo) calda.

Dalla finestra, mente ci si lava, si vede un casco di banane in un bananeto. Non ricordo di aver mai fatto una doccia così.


La signora Wiky, la padrona di casa, propone subito a Marta di portarla da una anziana guaritrice che, toccandole un braccio, le potrebbe far passare subito il mal di pancia. Marta rifiuta, sperando nell’esito positivo della nuova medicina.

A ZONZO PER SANTA CLARA

Chiacchieriamo un po’ con Wiky e con sua figlia Reinavida (nata – il fatto emerge alla consegna dei passaporti per la registrazione – sei giorni prima di Marta) e poi usciamo.

A Santa Clara ci sono davvero pochi turisti. O meglio  – come scopriremo domani – ci sono, ma vengono tutti in pullman per visitare il Mausoleo del Che e poi tornare nei villaggi turistici. Il tutto, almeno di sera quando si passeggia nelle strade semi-deserte ha un enorme vantaggio: quasi nessuno ti assilla per offrirti alcunché.

La nostra casa è appena fuori dal centro, vicino a uno dei monumenti del Che (la cui iconografia riempie ogni angolo di questa città da 200mila abitanti). Siamo a est del Parco Vidal che rappresenta il centro cittadino. E allora proseguiamo su questa direttrice. Incontriamo un “Boulevard” chiuso al traffico.


Ci sono dei negozi semivuoti e un grande supermercato, dove ci ripromettiamo di tornare domani (qui tutto chiude verso le 17, 18 al massimo e siamo già oltre questo orario). In giro solo cubani, per lo più rinchiusi nelle (numerose) gelaterie.

Santa Clara si trova nell’interno di Cuba, un po’ in montagna e quindi la temperatura esterna è più gradevole che nel resto dell’isola.

CENA LUSSUOSA, MA DISASTROSA

Troviamo un solo ristorante che ci sembra interessante, pur intimoriti dal fatto che sia  indicato come di lusso, forse perché è inserito in una bella casa colonica.

Dentro comode seggiole rosse e un set di  bicchieri, piatti e posate davvero degno di nota.

È pieno di gente del posto (che a fine cena mette gli avanzi, compreso il brodo, direttamente in una busta di plastica!) e i prezzi sono adeguati ai loro standard: spenderemo alla fine solo 5 Cuc (ossia 5 dollari) in due.

Peccato solo che il cibo sia davvero proprio scadente. Si salva solo il riso in bianco… La zuppa di formaggio di Marta ha al centro un blocco di “parmesan”. Lo stesso che copre, come un orrendo guscio, la montagna di pastasciutta napoletana che scelgo io (unico piatto vegetariano del menù). Ne assaggio 3 forchettate e lo lascio lì.

Da noi così cattivo nemmeno nelle peggiori mense scolastiche.

 Torniamo verso l’Hostal Vida.

In cielo, per la prima volta da quando siamo a Cuba, ammiriamo le stelle.

Ad maiora

 

#Blackfish


A Milano e provincia è ancora al cinema questa sera (all’Odeon in città e nei The Space di Rozzano e Vimercate). Ma se non riuscite ad andarci, cercate di vederlo ugualmente.
Soprattutto se avete intenzione, durante le prossime vacanze, di portare bambini (di qualunque età) in uno di quei circhi acquatici dove addestrano animali marini a fare gli scemi.
“Blackfish”, il film-documentario di Gabriela Cowperthwaite racconta infatti le conseguenze della cattività delle orche assassine nei parchi acquatici americani. Orche che solo recluse hanno attaccato e ucciso l’uomo (i loro istruttori, anche esperti) e che sono ancora lì a fare “divertire” turisti ignari (che possono uscire da questo tunnel vedendo il film).
Peraltro, per non andare troppo lontano da casa, proprio in questi giorni, la Lav ha lanciato una raccolta firme per non far riaprire il delfinario di Rimini:
http://www.lav.it/cosa-puoi-fare-tu/aderisci-alla-protesta?view=2&id_mass=5
Ad maiora