Gli imprendibili

Il libro è rimasto nella mia libreria a lungo. Un saggio di quasi 500 pagine va letto solo a casa e spesso in questo periodo sono in giro. E poi solo dopo averlo comprato mi sono accorto che questa “storia della colonna simbolo della Brigate rosse” è stato scritta da un giornalista. E da giornalista (laureato con una tesi sulle Br) diffido spesso dei colleghi.E invece questo “Gli imprendibili” (DeriveApprodi) di Andrea Casazza (cronista del Secolo XIX) sui brigatisti genovesi è proprio un testo interessante e documentato.  

Anche se l’inizio è davvero respingente. Parla per decine e decine di pagine del blitz fatto nel 1979 dagli uomini del generale Dalla Chiesa contro l’Autonomia genovese. Una sorta di 7 aprile, ma meno conosciuto. Al termine di ogni pagina mi chiedevo quando sarebbe cominciata l’analisi delle terribili gesta dei brigatisti (quelli che qui uccisero l’operaio, delegato della Cgil, Guido Rossa).

Dopo un centinaio di pagine Casazza stringe il bersaglio sulle attività di quella che fu una delle colonne più attive e sanguinarie della (irregimentata) struttura delle Br: rapimento Sossi (molto simile a quello D’Urso, cui ho dedicato la tesi), omicidio del giudice Coco e della sua scorta, il sanguinoso blitz in via Fracchia

Tutto ben scritto e documentato. Senza perdersi in commenti o in analisi sentimentali (anche se fino troppo spietato verso il Pci).

Nel finale (dopo aver raccontato la fine della colonna, azzoppata dai pentiti) Casazza torna a occuparsi dell’operazione dei carabinieri contro quell’area politica dell’estrema sinistra che non entrò nelle Br ma che venne criminalizzata e spenta proprio dall’attività giudiziaria e investigativa. Non riuscendo a trovare i veri assassini (da cui gli Imprendibili del titolo) le autorità iniziarono una pesca a strascico che portò in galera tante teste calde che però non avevano mai preso in mano una pistola.

E così l’ultimo capitolo è dedicato alla storia di quanti finirono, innocenti, in carcere è una volta scontata la loro pena, chiesero la revisione del processo, per far sapere a tutti (o meglio ai loro cari perché il resto del Paese ormai era distratto) che non c’entravano nulla con quella scia di sangue e anche per ottenere un risarcimento per l’ingiusta detenzione.

Casazza racconta in particolare la battaglia intrapresa da Giorgio Moroni che, tra il giorno dell’arresto alla revoca della sentenza di condanna, lotta 13 anni per ottenere giustizia, per farsi cancellare la condanna. Il carabiniere che lo arrestò (Michele Riccio, condannato poi per detenzione e spaccio di droga) è andato in pensione. Col grado di generale.

E le ultime righe del libro spiegano il perché il giornalista genovese abbia voluto, nel raccontare la storia dei brigatisti che hanno insanguinato la sua città, insistere sulla persecuzione di quanti, chiamiamoli Autonomi, con le Br non hanno avuto a che fare: «Il “metodo Riccio” non ha solo aperto le porte del carcere a persone innocenti, ha contribuito a sedare, con la benedizione di tutti i partiti allora presenti in Parlamento, la partecipazione all’elaborazione di nuovi progetti politici. In questa prospettiva il blitz del ’79 non solo ha tagliato fuori dalla vita politica una intera generazione, ha anche spento gli ultimi fuochi di rivolta giovanile, l’idea che sia possibile costruire un mondo migliore. Negli anni a seguire e sino a oggi, depennati gli inutili e pericolosi anarco-brigatisti, ai giovani è rimasta l’imbottitura dei piumini da paninaro e il ruggito sdentato di timide pantere. Oltre a una generale, sovrana indifferenza verso il destino comune. E per tutto questo non esiste risarcimento possibile».

Un po’ quel che successe nel luglio del 2001, sempre a Genova.

Ad maiora

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Andrea Casazza

Gli imprendibili

DeriveApprodi

Roma, 2013

Pagg. 491

Euro 25

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