Un diario di viaggio, per non dimenticare le esperienze e le sensazioni provate. Con qualche spunto utile per chi vorrà ripercorrere queste strade.
Volevamo visitare Cuba prima dell’arrivo dei turisti americani. Questo viaggio si conclude qualche giorno prima che vengano ristabilite relazioni diplomatica tra Usa e Cuba.
Notte complicata. Oltre al caldo è arrivato un gruppo di rumorosi italiani. Dopo un po’ di pazienza alle 3 li richiamiamo all’ordine mentre cazzeggiano nella zona comune della casa.
SEMPRE LO STESSO MANGO
Dopo aver dormito qualche ora facciamo colazione presto. Il menù è quasi sempre lo stesso in ogni casa particular: frutta, pane e burro, succo, caffè e frittata. A volte abbiamo trovato biscotti, marmellate o creme caramel. Qui da Lazaro si va sull’essenziale. Paghiamo il suo collaboratore (210 Cuc per 3 notti più colazione in due stanze) e andiamo in taxi al capolinea di Viazul, il pullman che ci riporterà in provincia: a Cienfuegos, un’altra delle città tutelate dall‘Unesco.
SI PARTE
Stavolta come taxi scegliamo una vecchia Chevrolet, bella anche se scassata. Il costo della corsa per la prima volta è di 5 Cuc (ed è 2 volte più lontano di Plaza de la Revolucion, per raggiungere la quale ieri abbiamo pagato 10).
Al terminal dei bus Viazul solita coda per trasformare la nostra ricevuta in biglietto. Ma ormai abbiamo capito come si fa.
LA PIPÌ SI PAGA
Per andare in bagno ti chiedono 0.50 Cuc (fondamentalmente per darti un piccolo pezzo di carta igienica). In altre stazioni, in altri bagni, ce la siamo cavata con pochi Cup (ma la media è 0.25 di Cuc, ossia di dollaro). Non si salvano nemmeno i ragazzini.
IN BUS, UN’AVVENTURA
Il viaggio per Cienfuegos è sfortunatamente è assurdamente lungo. Il bus ha qualche problema al motore e si ferma più volte. Io sono seduto al fianco di una silenziosa suora. Sull’altro lato del bus due romani litigano ininterrottamente dalla partenza. Vado di cuffie e Deezer.
Dopo numerose soste il bus si ferma in un’area di servizio, dove incrociamo un mezzo dei pompieri che non sfigurerebbe in un vecchio film americano.
Appena i meccanici aggiustano il nostro bus, l’autista parte piano piano con le porte aperte strombazzando. Miracolosamente salgono tutti i turisti (i pochi cubani non erano scesi visto gli autisti non avevano detto nulla e quindi, di fatto, non eravamo autorizzati alla sosta). Scena davvero sovietica (pur con 35 gradi all’ombra) di scarso rispetto per il prossimo. Non sarà l’unica, purtroppo.
UN VIAGGIO AL PASSO DI LUMACA
Il bus procede a passo d’uomo fermandosi ogni 5 o 6 chilometri, ma i due autisti si guardano bene dall’evitare la canonica sosta al ristorante. Senza questa deviazione saremmo già a Cienfuegos, dove magari si trovano i meccanici di Viazul! Ma che importa?? L’importante è che i due autisti si rifocillino. Quando hanno finito si riparte, sempre col motore strappi. È la Viazul è considerata la compagnia di autobus più affidabile di Cuba!
Nell’ultimo tratto, impieghiamo due ore per una trentina di chilometri, col motore che si spegne ogni 5 minuti, senza aria condizionata e senza la possibilità di aprire i finestrini. Un incubo. Arriviamo con due ore e mezzo di ritardo su un viaggio di quattro. Sei ore per percorrere 350 km… Per di più, arriviamo assetati ma alla stazione dei bus di Cienfuegos nessun bar ha dell’acqua da vendere (è qualcosa cui si deve abituare il turista qui: l’acqua in bottiglia scarseggia ovunque). Forse qui manca dai tempi in cui hanno fatto questo cartello: le indicazioni sulle partenze sono fatte a mano, col gessetto.
Per raggiungere la casa particular, un nuovo mezzo di trasporto: le nostre gambe! Per fortuna La Casa Cubana è vicina alla stazione di Viazul perché arriviamo esausti.
Ci accoglie una sorridere Ileana che ci serve un succo di mango ghiacciato che ci riporta in vita. Ci laviamo e andiamo a sgranchirci le gambe e a capire se valeva la pena fare questo lungo viaggio.
CIENFUEGOS FINALMENTE
Alla prima impressione direi di sì. Cienfuegos è tenuta molto bene, ha dei bei palazzi e un’aria tranquilla. I piazzisti dei ristoranti ci importunano raramente e l’arrivo sul Malecón vale la passeggiata.
Tornando incontriamo uno dei tanti carretti a cavallo (anche qui a Cienfuegos sono un mezzo di trasporto usuale, non un modo per spennare i turisti).
Questo vende frutta a domicilio:
Ceniamo nella Casa Particular. La signora (che ha la figlia a Milano) non si spaventa quando le chiediamo “comida vegetariana” e a tavola si materializzano molti piatti di verdure e una zuppa di mais, carote e zucca davvero ottima.
Andiamo a letto presto. La giornata, grazie a Viazul, è stata infinita.
Fa molto caldo. Un caldo appiccicoso che rende difficile sudare. Di notte si percepisce ancora di più. Nella casa particular abbiamo aria condizionata (rumorosa) e due ventilatori. Preferiamo questi ma ci svegliamo parecchie volte, madidi.
La colazione è degna delle più rosee aspettative: oltre a frutta fresca. succo di mango, omelette e caffè, Manuela ci ha preparato una crostata alla frutta davvero ottima.
IN BUS PER PLAYA ANCON
Rinfrancati prendiamo il pullman che ci porta a Playa Ancón, penisola che dista una dozzina di chilometri e che ospita quella che viene indicata come la migliore spiaggia meridionale di Cuba. Il viaggio costa 2 pesos convertibili – Cuc – a persona (credo andata e ritorno ma lo saprò con certezza tra qualche e ora).
Il bus parte alle 9, 12, 14 e 17 da Trinidad. Dalla Playa alle 10, 12.30, 15.30 e 18. Il viaggio è accompagnato non solo da musica cubana ma anche da video musicali. Terribile e divertente al contempo. Le ragazze cubane in viaggio con noi comunque canticchiano i ritornelli sorridendo. Va bene così. Anche se alcune canzoni, come questa sono davvero brutte:
La spiaggia, di sabbia bianca, è bellissima e poco frequentata. L’ombrellone (naturale) con due lettini costa 4 Cuc (4 dollari) tutto il giorno.
Il mare è caldo, ma non si vede l’ombra di un pesce. Bello stare seduti a riva a crogiolarsi al sole (e al vento).
Bello anche fare una passeggiata camminando sulla riva. Due romani, nostri vicini di ombrelloni, quando stiamo per partire per la nostra passeggiata ci dicono che “è niente di che”. Gambe rubate a Santa Marinella…
ARMARSI DI SANTA PAZIENZA
Unico problema: non c’è un bar sulla spiaggia. Il resort che si affaccia su Playa Ancón ne ha uno ma ci viene spiegato che non è accessibile agli esterni. Salvo pagare qualcuno che vada dentro per te a recuperare panini. La viacubana per risolvere i problemi! Rinunciamo: abbiamo ancora le nostre mele pagate a peso d’oro…
Sopra il mare volano cormorani. In acqua purtroppo le ben note meduse che addentano la gamba di Marta. Si ricorderà, suo malgrado, di questo primo bagno nel mare caraibico. Un gruppo di cubani intanto sorseggia rum e mangia stuzzichini immerso in acqua. Anche questo indimenticabile.
SPIAGGIAMOLTOSPORCA
Altri, purtroppo tanti, buttano di tutto sulla spiaggia. A fine giornata si cammina nell’immondizia. Raccolgo qualche bottiglia e lattina e la metto nel cestino (ben visibile). Anche se so che non basterà. Ma è meglio che niente. Ah, non perdetevi in spiaggia un casco di un frutto simile ai lichis (qui li chiamano mamochillos). I cubani ne vanno ghiotti. Lo sarete anche voi (anche se sono difficili da mangiare).
ASSALTOALBUS
Alle 18 prendiamo il pullman. Il biglietto è lo stesso dell’andata. Ma, essendo l’ultimo bus per Trinidad, accoglie tutti quelli che ha scaricato nei 4 viaggi precedenti. Un casino assurdo. Come dice Marta: una lotta darwiniana.
Se vi capita di venire qui (soprattutto di domenica) prendete il pullman delle 15.30!
Stipati sul fondo rincontriamo una ragazza che il giorno prima sul Viazul da L’Avana ci aveva preso per cubani chiedendoci informazioni. Fa l’attrice tra Berlino e Bonn. Mi chiede informazioni sui teatri di Roma. Le passo il contatto della mia amica Elena. Magari le potrà dare una mano.
Io e Marta ci diamo invece, a vicenda, abbondanti mani di crema idratante. Malgrado la protezione 30, il sole caraibico ci ha subito scottato.
A SPASSO PER TRINIDAD
Dopo la doccia (quella calda un filo d’acqua, la fredda due) andiamo a cercare un ristorante che avevamo adocchiato la sera prima. Non lo troviamo… Il dedalo di strade di Trinidad è ancora di difficile lettura per noi.
Finiamo a mangiare una piadina in un piccolo locale italo-cubano a due passi dalla Plaza Veja (Calle Simón Bolivar 353). La piada è buona e il posto (aperto fino alle 3 del mattino) è affollato di italiani nostalgici della nostra cucina.
Ah, la globalizzazione della lettura! Come dicevo, maggior parte dei turisti (quelli fai-da-te come noi: gli altri sono intruppati sui pullman, con zainetti drammaticamente tutti uguali) gira con la Lolely Planet in mano.
Ciò significa che i posti indicati dalla guida sono pieni di gente. Tra i locali consigliati c’è una gelateria di Trinidad, sempre in Calle Simon Bolivar. Evitatela… Potrà piacere agli inglesi che hanno scritto la guida, ma il gelato è pesante e niente di che.
Il resto della serata la passiamo sulla cosiddetta Scala della musica, scalinata che si affaccia sulla bellissima Plaza Mayor, dalla quale si osserva la vita di Trinidad (Plaza Mayor è in cima a una collina) ascoltando le bande che suonano musica cubana in bar e ristoranti. Qui, invece dei buttadentro dei ristoranti, ci sono ragazzi che cercano di venderti da bere: o Pina colada (Hey, amigo, Pina colada?) o Mojito (Senor, un Mojito?). Vince nettamente quest’ultima bevanda.
Ad maiora