Questa mattina avremmo dovuto prendere un trenino (a vapore) degli anni Venti che ti porta a Manaca Iznaga, zona fuori Trinidad (sempre nella Valle de los Ingenios) dove un tempo c’erano le coltivazioni di canna da zucchero (ottenuta grazie al lavoro degli schiavi).
Marta però non sta bene e salta la colazione. Ci consultiamo con Manuela (la padrona della “nostra” casa particular) e andiamo a provare la famosa classe medica cubana (tra le migliori del mondo).
TESTIAMO LA SANITA’ CUBANA
C’è un pronto soccorso per stranieri con prezzi tarati sulla nostra capacità di spendere. Va detto che ci chiedono più volte se abbiamo un’assicurazione, altrimenti invece del medico ci avrebbero dato semplicemente dei farmaci (c’è una farmacia per stranieri dentro questa piccola clinica).
Chiediamo invece di vedere un dottore per il mal di pancia di Marta. La accoglie una dottoressa molto professionale. Le misurano la febbre e la pressione e le auscultano la pancia. Non ha niente di grave, ci dice il medico, ma tastandola nota dolori al ventre. Ci invita a tornare se le viene nausea o vomito.
Le dà un farmaco per il dolore (Buscapina, credo tipo il nostro Buscopan) e uno per aiutare la funzionalità dell’intestino (Domperidona Gamir) oltre a un beverone alla ciliegia che è un integratore di sali minerali. Per caso nota la maglietta con il logo dell’Europe Assistance (la indosso perché ho partecipato a Corricon) e ci dice, sorridendo, che quel che paghiamo ci verrà rimborsato. Sarà in parte vero: diciamo quattro quinti di quanto speso.
Il tutto comunque ci viene a costare 47 pesos convertibili: non poco (47 dollari americani). Usiamo, per la prima volta qui a Cuba, la carta di credito. Il prezzo originario lievita da 47 a 49 Cuc per questo motivo. Insomma, paghiamo noi la commissione. Surreale.
CAFFE’ RADIOFONICO
Torniamo da Manuela a leggere e a riposarci in attesa di vedere se i farmaci fanno effetto. Marta dorme, quindi mi illudo di sì. Io, nel patio, cerco di finire il volume sulla resilienza, ma (tradendo il dettato del libro) mi fermo ad ascoltare la radio di Manuela. In onda una lunghissima trasmissione legata al caffè: Hoy Hablamos de…Cafeina. Mi viene una voglia assurda di bermi una tazzina dopo i primi dieci minuti di ascolto.
Pavlov sarebbe stato orgoglioso di me.
SEDIA A DONDOLO
Mi dondolo per non pensare al caffè. La seggiola preferita dai cubani è proprio quella a dondolo. La portano anche fuori casa. In sua mancanza, appoggiano lo schienale della sedia contro il muro, lasciando i piedi in aria. Da noi è vietato appena termina il periodo scolastico… Forse invece aiuterebbe la socialità e a essere più rilassati.
Per strada oltre a tormentarci offrendoci sigari o passaggi in taxi, un barbiere mi invita – con ampi e plateali gesti – a entrare e tagliarmi la barba. È il colmo! Nel paese che ha inventato i barbudos sono infatti tutti rasati (penso da quando Fidel ha iniziato a radersi). Respingo sdegnato l’offerta (facendo evidenti gesti a mia volta) e mi metto a seguire un venditore di aglio e cipolla.
LAGANTILLA
Dopo essere andati ieri a cavallo, anche oggi vogliamo vedere la Valle de los Ingenios, cambiando mezzo di trasporto e avendo come obiettivo Manaca Inzaga. Perso il trenino storico della mattina, alla “stazione ferroviaria” ci invitano a tornare nel pomeriggio. La corsa successiva parte infatti alle 17 e quindi abbiamo tempo per riposare nel patio della casa di Manuela. Mentre leggo mi distraggo ancora ma (a differenza del colibrì di ieri) riesco a riprendere una specie di grande lucertola, metà azzurra e metà verde. Qui è molto diffusa e la chiamano Lagantilla.
UN TRENO, PENDOLARI
Il treno (6 Cuc a testa andata e ritorno, prezzo ovviamente rincarato almeno una ventina di volte per noi stranieri) non è quello turistico del mattino ma uno – diesel – per il trasporto locale.
È quindi pieno come un uovo e caldo come una sauna (malgrado si viaggi con le porte spalancate). Fa un sacco di fermate, ma quando parte si balla (tanto che il bigliettaio urla, ridendo, che stanno trasformando il latte in burro). Ascoltano musica ovunque i cubani e sorridono tanto, malgrado le mille difficoltà economiche. Ai musoni farebbe bene passare di qui. A ogni fermata parecchi scendono e altrettanti salgono mentre il bigliettaio passa a vendere filoni di pane. Geniale.
PASSEGGIATA LUNGO I BINARI
Nel marasma generale perdiamo la nostra fermata. Scendiamo a quella dopo e ritorniamo lungo i binari. Come in Stand by me, dice Marta entusiasta di questa nuova avventura.
LA TORRE DA DOVE CONTROLLAVANO GLI SCHIAVI
In una ventina di minuti raggiungiamo la stazione e poi (al prezzo di 1 Cuc) saliamo su una torre di 40 metri che domina la valle e che un tempo serviva a controllare gli schiavi che lavoravano la canna da zucchero.
Al ritorno il treno, mezzo vuoto ma pieno d’acqua per terra (forse in seguito a rinfescanti bagni nei laghetti), va molto più veloce.
È la sua ultima corsa della giornata (sono quasi le 19 e qui si cena presto).
Malgrado i divieti, in molti fumano su questa treno con una sola carrozza. Ma la cosa più curiosa è che a ogni fermata si avvicina al treno qualcuno a cavallo.
Spesso si tratta di ragazzini.
Il treno, come dicevo, è finalizzato al trasporto dei pendolari cubani.
Gli unici stranieri che si avventurano in questo viaggio della speranza sono gli italiani, abituati d’altronde al nostro scadente trasporto locale.
A CENA, PER BENE
Per cena scegliamo uno dei ristoranti di Trinidad indicati dalla Lonely, il Cubita (Antonio Maceo 471). Decisamente il migliore provato fin qui a Cuba. Bel locale, ottimo servizio. È il posto in cui paghiamo di più (23 Cuc, pesos convertibili in due) ma ben spesi. Marta prende il pollo, io un piatto vegetariano misto, davvero buono.
La Lonely nel parlare di Cuba annunciava “vita dura per i vegetariani”, ma è il secondo locale nel quale trovo menù specifico. Mi illudo sarà sempre così.
Sarà il penultimo pasto Veg degno di nota sull’isola caraibica (dove la carne di pollo e maiale la fa da padrona).
Dopo la bella cena, facciamo una passeggiata fino alla vicina Playa Major di Trinidad dove abbiamo invece una delusione: la scalinata “della musica” (uno spazio pubblico!) dove ieri ci eravamo seduti a sentire i gruppo che suonano e osservare la vita che scorre, è stata recintata per non far sedere i turisti a sentire la musica (a sbafo). Alla faccia del comunismo!
Domani andremo a Santa Clara. Per vedere se il Che si è girato nella tomba…
Ad maiora