Privacy

Vivere ai tempi della sharing economy

Si fa un gran discutere negli Stati Uniti sul ruolo della sharing-economy per raddrizzare una crisi che sembra irreversibile. L’Eco di questo dibattito da noi si è risolto con le proteste dei tassisti contro Uber e con i giudici che hanno bloccato Uber Pop. Ma è solo questione di tempo e poi anche queste barriere verranno travolte.

Della sharing-economy parla il bel libro consigliatomi dall’amica Giulia “Mi fido di te” di Gea Scancarello. Il titolo è un po’ criptico e si capisce solo immergendosi nelle pagine del volume. Questa nuova economia basata sulla condivisione si fonda sulla fiducia che il prossimo deve avere verso uno sconosciuto. Gea lo spiega meglio di me: “Per quanto chiare siano le regole, alla base dello scambio ci deve essere la disponibilità a fidarsi di uno sconosciuto, tanto da metterselo in casa. Buffo, no? Per decenni l’intera società occidentale si è impegnata a fare esattamente il contrario: difendere con ogni mezzo la privacy“.

Insomma si deve ribaltare l’assioma appreso da bambini di non accettare caramelle da sconosciuti. Perché poi spesso chi ci fa del male è qualcuno che conosciamo bene (o crediamo di conoscerlo, almeno).

Il libro non è una pizzosa analisi della condivisione con il prossimo, ma è un esperimento sul campo. La Scancarello (giornalista e viaggiatrice, come scrive nella bio) ha infatti provato direttamente a condividere la sua casa, il suo divano, la sua tavola, la sua auto con sconosciuti. E’ andata a raccogliere cibo scartato dai supermercati. Ha dormito in un B&B pagandolo col baratto (tradurre il sito in inglese, ad esempio) e ha soggiornato in casa di persone che ti lasciano la villa se gli curi gli animali domestici. Dalla sua esperienza è nato un blog.

Prove empiriche che invitano all’emulazione.

Il libro è diviso in tre aree: dormire, mangiare e muoversi. Alla fine di ogni sezione ci sono i link dei siti per condividere e una loro mappa ragionata.

Insomma, un libro da leggere. E poi da lasciare da qualche parte per il book sharing…

 

Ad maiora

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Gea Scancarello

Mi fido di te

Prefazione di Simone Perotti

Chiarelettere

Milano, 2015

Pag, 235.

Euro 13,90

Sciopero

Questo blog, come chi lo cura oggi, 9 luglio, sciopera contro la legge bavaglio.

Un provvedimento che, se approvato come uscito dal Senato, impedirà la pubblicazione delle intercettazioni giudiziarie (solo fino al processo, dopo cesserà il supposto diritto alla privacy…), impedirà registrazioni (come quella della D’Addario sul “lettone di Putin”), ridurrà per le forze dell’ordine e la magistratura la possibilità di ascoltare le conversazioni dei delinquenti per più di 75 giorni (con proroghe di 4 giorni, decise di volta in volta) (anche per tutelare le conversazioni tra i mafiosi e le loro famiglie, come ha detto un esponente governativo) e molte altre limitazioni sia per chi guida le indagini, sia per chi rende pubbliche tale attività.

Senza le intercettazioni non avremmo – solo a clamorosi casi di questi anni – mai saputo di quelli che ridevano al momento del terremoto, così come di un ministro (ora ex) che aveva case acquistate a sua insaputa, o dei dirigenti di un partito che si vantavano di “avere una banca”, dei furbetti del quartierino, degli imbroglioni che vendevano gli arbusti del loro giardino come tronchetti portafortuna e di molte altre cose per le quali se non quella giudiziaria è arrivata quanto meno la condanna popolare. L’Io so, di pasoliniana memoria.
Il tutto viene fatto in nome di una fantomatica privacy che tutela solo chi controlla il potere (o chi ha assassinato la ex e sta andando a uccidere una che tormentava) e che va riducendo la libertà di tutti, di essere a conoscenza di quel che accade.
La stessa per la quale a noi giornalisti e’ impedito parlare con chi e’ rinchiuso nei centri di identificazione ed espulsione.
Privacy, un’altra parola come tante (liberale in primis) il cui senso e’ stato stravolto dal potere e accreditato solo grazie all’essere ripetuto a pappagallo dai telegiornali, sempre più asserviti al pensiero dominante.
Per questo si sciopera.

Sperando che la prossima volta tutti i giornali siano in edicola parlando solo di questo, come forma di protesta.

Perché noi giornalisti non saremo una grande specie. Ma c’è chi è peggio di noi. E alcuni di noi hanno ancora voglia di raccontarlo.

Ad maiora.