Ordine dei giornalisti

Formazione obbligatoria per i giornalisti. La mia piccola esperienza a caccia dei dannati crediti

Tra le tante cose negative per cui andrà ricordato il breve governo Monti, oltre alla Legge Fornero (col suo carico di esodati) non si può dimenticare la riforma Severino sugli ordini professionali. Anziché abolire quelli inutili, la legge ha loro affidato la cura della Formazione professionale continua. Detto in pillole, per quanto riguarda la mia categoria, tutti i giornalisti devono conquistare, in tre anni 60 crediti formativi, pena il rischio di essere esclusi dall’Ordine stesso (e ragionevolmente perdere il lavoro, per quei fortunati che l’hanno).

L’obbligo di aggiornarmi non mi garba, ma – tant’è – mi sono messo di buzzo buono a cercare di conquistare questi dannati crediti.

I corsi gratuiti sono pochissimi e vanno esauriti a poche ore dall’apertura, quindi – come esercizio propedeutico alla formazione – bisogna trascorrere molto tempo sulla piattaforma on line dei corsi per capire se, in zona, ce ne sono di gratuiti, ovviamente nei giorni in cui non si è in redazione (non è previsto che possa assentarmi dal lavoro, dicendo: vado a formarmi un po’).

A giugno sono riuscito a iscrivermi (a fatica) e a partecipare a un corso sulla Deontologia sportiva. Essendo passato allo sport, mi sembrava un tema consono a quel per cui sto lavorando. Pochi i cronisti sportivi a quel corso. Tutti – giustamente direi, vista la logica – interessati fondamentalmente ai crediti.

Sul sito dove sono conteggiati i crediti (10) per quel corso – deontologico – è stato però alla fine segnato come corso “non deontologico”. Quindi dato che c’è l’obbligo di fare corsi “deontologici” penso che ne farò un altro, magari online. La deontologia, si sa, non è mai troppa. Ma i miei dubbi sull’organizzazione rimangono.

Questa settimana ho partecipato invece a una iniziativa milanese – sempre gratuita – che durava tre ore e che garantiva tre crediti formativi.

Tre ore lunghissimi visto che non c’era una slide una ad accompagnare il fiume di parole che venivano riversate sull’aula (pienissima, ovviamente). La struttura della mattinata era stata così congegnata: i primi 45 minuti (si è iniziato pure con il quarto d’ora accademico di ritardo) d’introduzione da parte del presidente dell’Ordine dei giornalisti regionale (su come è cambiata la professione). A seguire un altro quarto d’ora di introduzione della presidente del Circolo della stampa (che ospitava l’incontro), anche però nella veste di leader sindacale. Poi il protagonista: il direttore della Gazzetta di Mantova (la conferenza era sui 350 anni dello storico quotidiano) che ha parlato una ventina di minuti e mostrato un video sulla mostra dedicata al quotidiano, allestita nella città virgiliana. Al direttore è seguito un collegamento Skype (ma sembrava registrato) di un collega che vive negli Stati Uniti  che parlava del giornalismo locale a stelle e strisce. Poi due docenti universitari. Il primo ha riparlato del ruolo del giornalista moderno. La seconda, sulla storia dei Gonzaga: nomi e date che mi si sono accavallate nella mente come bacchette dello Shangai. Che non ho osato affrontare.

Alla fine le mie righe di appunti erano così limitate da essere risibili. Non so quanto la mia capacità professionale (di ex giornalista di testata locale) sia cresciuta. Ma intanto mi avvicino alla quota annuale. Di 20 crediti.

Chiedendomi che senso abbia tutto ciò.

Ad maiora

Ps. Sono previsti crediti aggiuntivi anche per chi insegna. Tematiche giornalistiche, ovviamente. Ho presentato mesi fa la documentazione per il mio tutoraggio al Master di giornalismo (dell’Ordine,peraltro) e per il corso di giornalismo radio-televisivo che tengo alla Statale di Milano.

Per ora non mi sono stati assegnati crediti e nessuno, via mail, ha risposto alla domanda su quanti me ne spettassero. Giusto per capire quanti crediti mi manchino per raggiungere la quota indicata.

Non mi resta che continuare a “formarmi” come previsto dalla burocrazia.

Ma poi: siamo sicuri che tutti i giornalisti italiani si sobbarcheranno questa formazione? E quanto ci formerà questa formazione?

A chi riesce a rispondere a questa domanda regalo uno dei dieci crediti che al momento ho, faticosamente, conquistato.

 

Lettera dei giovani giornalisti al (vecchio) sindacato

Questa e’ la lettera che decine di giovani giornalisti, praticanti delle scuole di giornalismo di tutta Italia hanno mandato al sindacato di categoria. Visto lo stato di crisi, l’FNSI “emana” norme restrittive sugli stage, inducendo la maggior parte delle aziende editoriali a rinunciare ai ragazzi, che diventeranno le future generazioni di colleghi (per chi come me pensa ci sia un futuro per questa professione). L’ordine professionale esige invece, giustamente, che gli studenti facciano un periodo di stage. Ora molti di questi ragazzi rischiano di non farlo. Il che mi sembra assurdo. Ecco perché, essendo tutor della Scuola Walter Tobagi di Milano, ho firmato questa lettera.
Che chioso ricordando, a spanne, una vecchia barzelletta sovietica che calza a pennello per una categoria troppo paralizzata, troppo piegata su se stessa.

Un uomo viene mandato al confino in uno sperduto villaggio siberiano. Entra nel paese che sembra abbandonato, deserto. Avvicinandosi al centro, comincia a sentire puzza di fogna. E proprio nella piazza principale vede tutti gli abitanti immersi nella maleodorante melma fino al mento. L’uomo comincia a sbracciarsi, a urlare: “Reagite, uscite di li’! Fate qualcosa!”. Gli altri lo guardano con disprezzo e gli rispondono: “Non ti agitare, se no provochi delle onde”.

Ad maiora

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All’attenzione del segretario della Fnsi Franco Siddi
Al Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti

Oggetto: Comunicato degli allievi delle Scuole Superiori di Giornalismo uniti

Gli allievi delle Scuole superiori di giornalismo d’Italia vogliono con la presente far sentire la loro voce, finora inascoltata, sui recenti avvenimenti che hanno colpito la possibilità per molti di noi di svolgere gli stage formativi previsti nei programmi delle Scuole.
In seguito alla comunicazione del segretario Fnsi Franco Siddi del 27 aprile u.s. alcune redazioni con le quali erano stati presi accordi per lo svolgimento dei nostri stage hanno comunicato, in data 29 aprile -dunque pochi giorni prima che la maggior parte dei suddetti stage iniziasse-, l’annullamento dei medesimi. Abbiamo deciso quindi di unirci per esporre la nostra posizione in merito, e nel giro di pochi giorni abbiamo superato gli oltre 300 contatti, e aggregato gli allievi di 10 scuole.
Allo stato attuale decine di studenti hanno visto i propri stage saltare all’ultimo minuto. Molti stanno in queste ore cercando affannosamente un’alternativa. Ma, come ben sapete, è tutto il settore dell’editoria ad essere in difficoltà, e le opzioni, se si escludono le aziende in stato di crisi, sono veramente poche. Altri ancora aspettano di capire se questo nodo si scioglierà e quando.
Come segnalato dal comunicato dell’Esecutivo del CNOG (prot. n. 1756 del 30.04.2010), vogliamo sottolineare, peraltro, che l’allegato D del Contratto nazionale siglato dall’Fnsi parla di “borsisti allievi”, fattispecie che non tocca gli allievi delle Scuole di giornalismo, in quanto non titolari di borse di studio.
Inoltre lo stesso Ordine dei giornalisti, al quale anche noi allievi siamo iscritti come praticanti, ha deliberato il 9 febbraio di quest’anno una deroga al divieto di stage nelle aziende in stato di crisi (presente nel Quadro di indirizzi per le scuole riconosciute dall’Ordine), in ragione del massiccio uso che di quest’ultimo strumento è stato fatto da parte delle aziende editoriali italiane.
Non sussistono più, a nostro giudizio, e in base a quanto sopra esposto, impedimenti di tipo contrattuale né legale alla possibilità per le aziende di accettare stagisti anche se in stato di crisi. Riconosciamo che è dagli accordi per la concessione dello stato di crisi che discende la possibilità o meno di accettare stagisti, ma riteniamo anche che il sindacato potrebbe sciogliere la questione in senso positivo, se lo si volesse.
Intendiamo anche fare presente che la posizione presa dall’Fnsi sugli stage ci appare in totale contrasto con le linee guida finora indicate da Ordine e sindacato. Le Scuole di giornalismo sono state viste come unico canale d’accesso alla professione, e in tal senso si è espresso anche il progetto di riforma dell’Ordine approvato a Positano. Il blocco degli accessi agli stage, di fatto, vanifica tutti i passi fin qui fatti in quella direzione.
In questo modo si riconsegna di fatto l’accesso alla professione alla discrezione dei soli editori, privando l’Ordine e il sindacato delle prerogative e delle funzioni che finora hanno dichiarato di voler svolgere in merito all’accesso alla professione.
Quello che riteniamo inaccettabile, come giornalisti e come universitari, è che l’attuale fase di crisi profonda possa sfociare in un gioco al massacro tra precari attuali, futuri precari e vecchi colleghi costretti al pre-pensionamento. Una divisione forse funzionale agli interessi degli editori, ma che certo è inaccettabile per la dignità della nostra categoria professionale.
Auspichiamo che si tenga conto di queste osservazioni, quando discuterete di nuovo del nostro futuro prossimo in sedi nelle quali noi, quasi certamente, non saremo rappresentati. E speriamo soprattutto che, quanto accaduto in queste settimane, non si ripeta più. Che siano chiari i termini entro i quali è possibile per le Scuole organizzare gli stage, e che siano discussi tenendo conto anche della necessità di formare in modo efficace una nuova generazione di professionisti.