Marassi

Domani sera in capo Croazia e Serbia. Partita ad alto rischio

Curva croataLa polizia croata ha annunciato severe misure di sicurezza per l’incontro in programma domani a Zagabria fra le Nazionali di calcio di Croazia e Serbia, valido per le qualificazioni ai Mondiali. Una partita ad alto rischio incidenti, essendo il primo incontro fra le due nazionali dopo parecchi lustri, dopo la guerra. Qui ricordiamo un vecchio 3-1 per la Serbia-Montenegro (i due paesi erano ancora uniti) con doppietta di Vucinic contro la Croazia.
Il direttore della polizia croata, Krunoslav Borovec, ha avvertito che in caso di manifestazioni ostili contro i serbi o di cori xenofobi, la partita potrà essere sospesa e persino annullata. Le due Federazioni calcistiche hanno deciso nelle scorse settimane di rinunciare a trasferte organizzate di tifosi a Zagabria e Belgrado (dove il 6 settembre si giocherà il match di ritorno) ma non si può escludere la presenza di tifosi in grado di arrivare alla spicciolata.
Giusto per svelenire il clima, un’organizzazione dell’ estrema destra croata (Hsp) ha chiesto alla procura di definire “Persona non grata” Sinisa Mihajlovic, tecnico della nazionale serba, per una sua intervista Alla Gazzetta dello sport nella quale racconta i suoi rapporti con Arkan, capo delle formazioni paramilitari serbe.

Le curve calcistiche hanno avuto un loro ruolo nello sgretolamento della Jugoslavia. Indimenticabili nel 1990 gli scontri durante il match tra Dinamo di Zagabria e Stella Rossa di Belgrado.

Gli ultrà croati hanno fatto parlare di sé anche nei recenti Europei in Polonia.
Gli ultrà serbi li ricordiamo a Marassi.
Ad maiora

Chi ha pagato gli ultra’ serbi?

Il quotidiano serbo Politika (un tempo vi colaborava anche il premio Nobel Ivo Andrić) anche oggi dedica ampio spazio alle cronache riguardanti gli ultrà serbi. Secondo una fonte del giornale, sarebbero stati pagati più di 200 mila euro per finanziare il gruppo di sessanta teppisti che ha messo a ferro e fuoco il Marassi di Genova.

L’obiettivo potrebbe essere quello di destabilizzare la Serbia per impedire un suo – futuribile – ingresso nell’Unione europea. In questo caso, dietro gli scontri potrebbero essere due boss del traffico di cocaina (che attualmente si sono dati alla macchia).

Ma non si esclude che vi potrebbe essere un tentativo di far cadere la giunta che guida la Federcalcio serba (Fss). Anche in questo caso, ovviamente, per ragioni di business.

Gli agenti serbi, intervistati dai colleghi di Belgrado, ritengono che la polizia italiana sia stata colta di sopresa all’inizio e abbia reagito bene durante e dopo gli scontri. Dalla Serbia sono comunque partiti 1.100 ultrà. Alcuni si sono mossi fin dal 6 ottobre, anche se il grosso è partito l’11.

In cella vi sono attualmente Ivan Bogdanov (30 anni) da Belgrado, il capo-curva, Srdjan Jovetic (20 anni), montenegrino, Daniele Janice (28) nato a Lubiana e Nikoli Kličković (31), da Novi Sad. Questi tifosi erano stati denunciati (daspati, si direbbe da noi) dalla polizia serba per “comportamento violento in occasione di manifestazioni sportive”.

In carcere sono anche Goran Stanic (25) da Knin, Nenad Radovic (30), Strahinja Toljagić (24) da Belgrado e Delic, Vladimir (28) di Novi Sad.

Secondo Politika, Ivan Bogdanov sarebbe arrivato dalla Serbia – il 10 ottobre – passando attraverso la frontiera di Kelebija, in Voivodina, a pochi chilometri dall’Ungheria.

La polizia serba ha ne frattempo arrestato 46 tifosi, una volta rientrati dalla trafserta genovese. Tra loro Alexander Zagorčić (28 anni) di Novi Sad, che martedì era stato ripreso mentre cercava di sfondare il vetro antiproiettile dello stadio. E’ stato arrestato al valico di frontiera di Batrovci, anche questo in Voivodina, vicino all’Ungheria.  La maggior parte degli arrestati sono di Belgrado, Novi Sad, Kragujevac, Nis. Il più giovane tra gli arrestati ha 19 anni, il più vecchio 34.

Arrestato il capo ultra’ serbo. Ivan, classe 1389

E’ stato arrestato alle tre del mattino Ivan Bogdanov, 29 anni, capo degli ultrà serbi (e della Stella Rossa), quello che ieri sera a Marassi era seduto sulla balaustra. Da lì bruciava bandiere albanesi e lanciava grida di battaglia.

La polizia lo ha trovato nascosto nel vano motore del pullman dei tifosi serbi che stava facendo rientro a Belgrado. E’ stato riconosciuto per la data incisa sull’avambraccio: 1389.

Su quella data, l’amico e collega Marco Braghieri ha, nottetempo, scritto queste considerazioni:

1389. Un numero, un tatuaggio. Il serbo che si è arrampicato sulla recinzione del Luigi Ferraris lo porta su un braccio. Ha un passamontagna da cui spuntano gli occhi azzurri, taglia la rete con una cesoia. Incita quelli che lo guardano, dagli spalti. Ma cosa significa 1389? È una data, una di quelle che i serbi considerano centrali nella loro storia. La data della battaglia della Piana dei Merli. Regno di Serbia da una parte, sultanato dei Turchi dall’altra. La sconfitta porterà, settanta anni dopo, alla dissoluzione dell’impero di Stefano Uros V. Praticamente tutta la nobiltà serba verrà uccisa.

Duijzings, in Religione e politica dell’identità del Kosovo, scriverà “la maggior parte della storiografia serba sostiene che dalla Battaglia del Kosovo i Serbi hanno subito centinaia di anni di oppressione da parte dell’impero Musulmano”. Per il vescovo Amfilochije Radovic, metropolita del Montenegro fu “il Golgota del popolo serbo… la perdita del regno terrestre, transeunte e conquista dell’eterno regno celeste”.

E davanti a centinaia di migliaia di persone, il 28 giugno 1989, il neo presidente serbo Slobodan Milosevic, pronunciò un discorso, proprio dalla Piana dei Merli, per il seicentesimo anniversario della battaglia. Iniziava così: “La Serbia, dopo molti anni, dopo molte decadi, ha riottenuto la sua integrità statale, nazionale, e spirituale”. Un’unità ottenuta togliendo al Kosovo l’autonomia concessa nel 1974. Era l’inizio del nazionalismo serbo, di quella che poi sarebbe stata la guerra jugoslava. Quasi un anno più tardi, il 13 maggio 1990, si doveva giocare Dinamo Zagabria contro Stella Rossa di Belgrado. La partita non fu mai disputata, a causa di scontri fra le tifoserie. “Jugoslavia, calcio violento” titolava Repubblica. A venti anni di distanza, la serata di Genova. Con i serbi incitati da un ultrà col 1389 tatuato sul braccio.

Non è un particolare.

 

Sul 1389 consiglio la lettura di “Tre canti funebri per il Kosovo” di Ismail Kadaré. Penso lascerebbe a bocca aperta anche Ivan (il terribile).

Ad maiora

Gli ultrà serbi, attivi da anni

I podromi della dissoluzione jugoslava iniziarono allo stadio. Con gli scontri fra ultrà serbi e croati. Il 13 maggio 1990 quando gli scontri a Zagabria tra gli ultrà della Dinamo e della Stella Rossa di Belgrado diedero il la alla fine dello Stato degli slavi del sud.

E durante il conflitto fu proprio tra le curve che vennero raccattati molti dei peggiori tagliagola. Arkan (poi assassinato, ma salutato da striscioni laziali all’Olimpico) che era un capo-curva, reclutò le sue tigri tra i più facinorosi ultrà.

Anche gli incidenti di qualche giorno fa a Belgrado contro il gay pride sono stati animati dagli ultrà, dove si concentrano i più fanatici nazionalisti rimasti attivi anche dopo il conflitto.

Quanto sta  accadendo stasera al Marassi, a differenza di quanto avvenuto domenica a Belgrado, allontana di mille miglia la Serbia dal consesso europeo. Purtroppo.

Ad maiora.

Ps. Anche se non è stato capito dai telecronisti, i giocatori serbi sono andati sotto la curva mostrando le tre dita non indicavano il rischio del 3 a 0 a tavolino, ma il saluto serbo. Che si immagina sia in qualche modo legato alla Trinità.