Granma

Visitare Cuba: Plaza de la Revolucion a L’Avana

Facciamo l’ennesima colazione nella casa particular de L’Avana. Senza Lazaro ha perso però gran parte del fascino che aveva prima e assomiglia un po’ a un piccolo albergo. Quando torneremo per l’ultima sera cubana sceglieremo un’altra casa (o albergo). Uscendo incappiamo in una sorta di corteo musicale. Forse le riprese (con tanto di drone) di un video musicale.

A L’Avana (e a Cuba in genere) si mangia più che nei bar e nei ristoranti, per strada. Lo street food è una peculiarità da queste parti.

 Percorriamo, per la prima volta da quando siamo qui,  il Prado, antico viale che assomiglia molto alle Ramblas spagnole.

 Obiettivo della mattina è infatti la visita al Museo de la Revolucion che è contenuto nel bell’edificio che fino a  Batista era il palazzo presidenziale. La visita non è a buon mercato: 3 persone (e una macchina fotografica) costano 24 Cuc (ossia 24 dollari). La visita parte cronologicamente dal secondo piano e arriva fino a terra. Si inizia dalla lotta di liberazione e si arriva fino ai successi del socialismo (platealmente smentito dal fatto che gli ascensori siano fuori uso persino qui). Molto lunghe e dettagliate sono le sale dedicate alle vittorie castriste, prima contro la dittatura poi contro gli americani alla Baia dei Porci. Il resto è pura (e noiosa) propaganda socialista.

 Bella invece, nel giardino che si trova sul retro del palazzo, la mostra dei cimeli militari rivoluzionari. C’è Granma, la nave dello sbarco di Castro e del Che a Santiago, protetta dai militari come una reliquia di un santo e pure gli aerei usati durante la Rivoluzione (affiancati dalle foto dei caduti nella Baia dei Porci).

 Continuiamo nella nostra giornata “castrista” andando in Plaza de la Revolucion che si trova al Vedado, la parte nuova della città. Per arrivarci saliamo su una moto-taxi (coco-taxi). Sono mezzi di trasporto statali e dotati di tassametro.

Alla fine pagheremo 10 Cuc. Il viaggio su questa specie di uovo giallo (o limone semovente) è piacevole e l’aria ci rinfresca un po’ le idee.

 Arriviamo nella piazza dei comizi castristi. Davanti al Ministero delle telecomunicazioni, sormontato da un immagine di Camilo Cienfuegos (rivoluzionario morto misteriosamente dopo la vittoria dei barbudos) troviamo una sontuosa Pontiac decappottabile.

 La piazza è dominata dal memoriale al poeta dell’indipendenza cubana, Josè Martí (dietro alla quale sorge il Comitato centrale del Pcc, il Partito comunista cubano, unico partito presente nel paese).

 Anche se il polo di attrazione è il Ministero del Interior con la gigantografia del Che.

Torniamo a piedi verso il centro. Dietro Avenue de Independencia troviamo, chissà perché, alcuni ragazzi che si esercitano con la tromba sotto gli alberi. Ci fermiamo a mangiare la solita pizza (8 Cuc in tre, bibite comprese) e poi, seguendo la folla, entriamo nel più folle centro commerciale che si possa immaginare. In Plaza Carlos III (pomposamente definita La casa de la familia cubana)  c’è un caos infernale e i circoli che ti portano ai piani alti, ricordano proprio quello danteschi. Ci facciamo ingolosire da un supermercato e incappiamo nella follia dei doppi prezzi cubani: due tubi di patatine e una confezione di cracker le paghiamo quasi 10 Cuc. Assurdo.

 Ah, fuori da questi prezzi folli i cubani (specie dopo il Periodo Especial che fece seguito al crollo dell’Urss, principale fornitore straniero) hanno imparato a non buttare via le cose rotte: qui si aggiusta tutto. Come sempre, dalle cose negative ne emergono anche di positive.

 Nell’attardarmi a scattare una foto, lascio Marta e Francesca ad attraversare la strada da sole. Fischiano dietro a entrambe come se fossero mucche uscite dal recinto. Il mio fischio, rivolto ai fischiatori, li fa desistere. Ma che tristezza questo machismo in salsa cubana! Qui il socialismo non c’entra. A Mosca ti scaraventano contro un muro se ti comporti così.

ALLA FORTALEZA. SENZA CELLULARE…

Usciamo nel tardo pomeriggio diretti alla Fortaleza de San Carlo de Cabana, il forte costruito dagli spagnoli dopo che gli inglesi avevano, bombardandola da qui, conquistato L’Avana. Ci andiamo per vedere il tramonto e per assistere al canonazo, il cerimoniale del colpo di cannone che ogni sera alle 21 ricorda quell’evento storico.

Prima di arrivare quassù un episodio che avrebbe potuto rovinarci la vacanza (e rendere misero questo post, senza foto e video): sul taxi che (per 10 Cuc) ci porta al forte settecentesco mi scivola l’iPhone fuori dalla tasca. Me ne accorgo pochi secondi dopo essere sceso e mentre io e Marta corriamo all’inseguimento del taxi, Francesca prova a chiamare il cellulare, ma ha la vibrazione. Mancato l’obiettivo di raggiungere, chiediamo a un altro tassista di riportarci nel punto dove abbiamo preso il taxi (era della compagnia statale) e lo fa per 6 Cuc (4 meno dell’andata). Una volta tornati al punto di partenza – col cuore in gola –  spieghiamo (lo fa Francesca che, a differenza mia, parla spagnolo) al responsabile dei tassisti cosa sia successo. Individuano e richiamano alla base il taxi su cui eravamo saliti. Dopo una decina di minuti torna. Marta si lancia sotto il sedile e trova il cellulare. Gioia e stupore. Chiediamo al tassista di riportarci al Forte promettendo una mancia. Gli lasciamo 30 Cuc (la corsa, lo ripetiamo, costa 6) ma si lamenta a lungo e insiste sul fatto che se avesse trovato e venduto il (mio) cellulare ci avrebbe fatto molti più soldi. Quando si dice ricatto morale.  Gli lasciamo quindi altri 10 Cuc e ce ne andiamo l’amaro in bocca per la prepotenza.  Che si scioglie alla vista del tramonto da quassù.

 La cannonata (canonazo) è poi davvero forte e lo spettacolo che la precede affascinante. Vale gli 8 Cuc a testa (costo del biglietto per gli stranieri, 8 Cup per i cubani).

 Ceniamo poi dentro il castello: verdure sottaceto piccanti, patatine fritte, riso e verdure, verdure saltate. Con bibite e birre arriviamo a 10 Cuc. Le cameriere del Bodegon erano comunque intente a vedere una soap. Per attirare la loro attenzione ci si deve sbracciare.

 Torniamo con un taxi abusivo (6 solo Cuc) tenendo ben stretto il cellulare…

Ad maiora

Visitare Cuba: da Trinidad a Santa Clara

Stamattina dormiamo un po’ di più. Gli unici due posti che ho trovato sul bus Viazul per Santa Clara sono infatti solo alle 3 del pomeriggio. Ci dedichiamo quindi a una visita culturale qui a Trinidad: al Museo Historico Municipal a due passi da Playa Grande (Simón Bolivar 423).

AL MUSEO MUNICIPALE

È una casa coloniale riattata a museo. Si capisce in questo modo come vivevano i ricchi a Cuba prima della rivoluzione. E un po’ di stanze sono dedicate a cimeli della lotta di liberazione, dagli spagnoli (e dagli americani) e da Batista. L’entrata costa 2 Cuc (ossia 2 dollari), di più se avete macchina fotografica. Non hanno ancora considerato che i cellulari moderni scattano foto.

IL QUOTIDIANO

Dopo aver acquistato qualche volta Granma (il giornale del partito, dove imperversano i Castro) compriamo, uscendo dal museo, Juventud Rebelde, il quotidiano dei giovani comunisti. Quando chiediamo quanto costa ci dicono “quanto vuoi” perché il prezzo è solo in pesos cubani, non in quelli convertibili.

Sulla prima pagina svetta, sotto la data, la segnalazione del fatto che sia il 57′ anno dal rivoluzione.

Mi ricorda le scritte italiane del Ventennio: XI E.F.

 Torniamo alla casa particular. Salutiamo Manuela. Paghiamo il dovuto: 25 Cuc a notte per la doppia più 3 Cuc a testa per la colazione. Due delle nostre colazioni la nostra padrona di casa ce le abbuona perché Marta, ancora non in forma, le ha praticamente saltate. Da noi le avrebbero fatte pagare tutta la vita!

Buona Suerte, Manuela (avida lettrice di Juventud Rebelde, da cui ha tratto – l’ho scoperto oggi – le notizie sul cambiamento climatico che sta colpendo anche i Caraibi).

FA CALDO…

Prendiamo una bici-taxi per andare alla stazione dei bus. Prima facciamo di nuovo un salto alla farmacia internacional per tentare una strada alternativa per risolvere i persistenti guai fisici di Marta. Il tassista ci chiede da dove veniamo e dopo averlo scoperto dice che alla Tg cubano hanno detto che in Italia c’è un’ondata di calore pazzesca. Pazzesco che ne parlino fin qui, dove comunque si schiatta. Globabilizzazione meteorologica.

Decidiamo comunque di chiamare a casa per sincerarsi che tutto sia ok.

IN BUS

Arriviamo alla stazione dei bus di Viazul un’ora prima della partenza (tempo necessario per confermare la prenotazione).

Il bus parte quasi in orario. Ma l’attesa avviene sotto la canicola perché non ci fanno salire finché non sono scoccate le 15. La seduta è molto più comoda di quella del Viazul precedente. Ma misteriosamente c’è un fastidioso odore di pipì.

Su questi bus ci sono quasi solo stranieri. Raramente cubani. Al più cubane accompagnate ad attempati italiani. Brutta roba.

Durante il viaggio, dove si dondola a destra e sinistra come in nave, becchiamo il primo acquazzone tropicale. In alcuni punti del bus la poggia entra e bagna i passeggeri. Non noi, per nostra fortuna.

 Il bus fa tappa obbligata a Cienfuegos, non lontano dalla Baia dei Porci, dove torneremo tra una settimana.

Cienfuegos, o almeno la sua periferia, sembra una città con troppi casermoni ma un sacco di murales rivoluzionari. Il centro, come avremo modo di scoprire, è uno dei meglio conservati qui a Cuba.

TASSISTI ALL’ASSALTO, ANCHE A SANTA CLARA

L’arrivo a Santa Clara è simile a quello di Trinidad e si è assediati da persone che cercano di venderti qualunque cosa. Marta dice che è anche peggio perché i tassisti tentano di strapparti di mano la valigia per portarti nelle (loro) case particular. Noi cerchiamo il nostro tassista, Adalberto, che ci aspetta con cartello recante la scritta: Andrea y Marta. La prima cosa che chiede è: Como sta la chica? Potenza delle donne delle case particular (la nostra nuova padrona di casa, contattata da quella precendente, deve aver parlato al tassista dei problemi fisici di mia figlia).

Raggiungiamo Casa Vida con una bicitaxi (solo leggendo la guida fino in fondo scoprirò che sono vietate agli stranieri).

Santa Clara, come ci spiega Adalberto – che pedala e suda all’unisono – è meno turistica e molto più grande di Trinidad.

Ci offre di accompagnarci in un giro turistico domani in bici. Paghiamo i 5 pesos del viaggio dalla stazione dei bus a Casa Vida e decliniamo l’invito per il giorno dopo.

CASA VIDA

Anche qui a Santa Clara siamo ospiti di una casa particular gestita da sole donne: mamma, figlia (tredicenne come Marta) e nonna (molto simpatica e attiva, pur in carrozzina). A mia figlia fanno trovare in camera un mazzolino di fiori.

La casa non ha patio ma è  bella. La stanza grande (pur con coperte troppo rosa per i miei gusti) e il bagno ha pure il bidè (ma non funziona). La doccia ha l’acqua abbondante, pure quella calda. Ma ormai mi sono abituato a quella fredda (qui a Cuba in realtà è tiepida) e rinuncio a quella (troppo) calda.

Dalla finestra, mente ci si lava, si vede un casco di banane in un bananeto. Non ricordo di aver mai fatto una doccia così.


La signora Wiky, la padrona di casa, propone subito a Marta di portarla da una anziana guaritrice che, toccandole un braccio, le potrebbe far passare subito il mal di pancia. Marta rifiuta, sperando nell’esito positivo della nuova medicina.

A ZONZO PER SANTA CLARA

Chiacchieriamo un po’ con Wiky e con sua figlia Reinavida (nata – il fatto emerge alla consegna dei passaporti per la registrazione – sei giorni prima di Marta) e poi usciamo.

A Santa Clara ci sono davvero pochi turisti. O meglio  – come scopriremo domani – ci sono, ma vengono tutti in pullman per visitare il Mausoleo del Che e poi tornare nei villaggi turistici. Il tutto, almeno di sera quando si passeggia nelle strade semi-deserte ha un enorme vantaggio: quasi nessuno ti assilla per offrirti alcunché.

La nostra casa è appena fuori dal centro, vicino a uno dei monumenti del Che (la cui iconografia riempie ogni angolo di questa città da 200mila abitanti). Siamo a est del Parco Vidal che rappresenta il centro cittadino. E allora proseguiamo su questa direttrice. Incontriamo un “Boulevard” chiuso al traffico.


Ci sono dei negozi semivuoti e un grande supermercato, dove ci ripromettiamo di tornare domani (qui tutto chiude verso le 17, 18 al massimo e siamo già oltre questo orario). In giro solo cubani, per lo più rinchiusi nelle (numerose) gelaterie.

Santa Clara si trova nell’interno di Cuba, un po’ in montagna e quindi la temperatura esterna è più gradevole che nel resto dell’isola.

CENA LUSSUOSA, MA DISASTROSA

Troviamo un solo ristorante che ci sembra interessante, pur intimoriti dal fatto che sia  indicato come di lusso, forse perché è inserito in una bella casa colonica.

Dentro comode seggiole rosse e un set di  bicchieri, piatti e posate davvero degno di nota.

È pieno di gente del posto (che a fine cena mette gli avanzi, compreso il brodo, direttamente in una busta di plastica!) e i prezzi sono adeguati ai loro standard: spenderemo alla fine solo 5 Cuc (ossia 5 dollari) in due.

Peccato solo che il cibo sia davvero proprio scadente. Si salva solo il riso in bianco… La zuppa di formaggio di Marta ha al centro un blocco di “parmesan”. Lo stesso che copre, come un orrendo guscio, la montagna di pastasciutta napoletana che scelgo io (unico piatto vegetariano del menù). Ne assaggio 3 forchettate e lo lascio lì.

Da noi così cattivo nemmeno nelle peggiori mense scolastiche.

 Torniamo verso l’Hostal Vida.

In cielo, per la prima volta da quando siamo a Cuba, ammiriamo le stelle.

Ad maiora