Alba. Sveglia alle 4.30. Fuori fa freddo. Arrivi in redazione un po’ imbronciato. Sfogli i giornali. Pagine su pagine solo dedicate a Ruby o a Montecarlo. Gazzettino padano (dove si parla dell’estero vicino: il Canton Ticino, inquinato).
Poi in macchina. Ancora i giornali. Solo “politica” italiana. Si “salva” l’Egitto.
Arriviamo a Gallarate. Nevica. L’umore è sempre più inverso.
Poi arriva suor Marcella ed e’ come se sorgesse il sole anche in questo lembo di Lombardia che guarda alla Svizzera.
Chi mi conosce sa che non sono esattamente un bigotto. Ma faccio il giornalista. E sono sensibile più a chi fa che a chi parla. Suor Marcella Catozza guida la prima categoria.
Quando con Paolo Carpi arrivammo a Waf Jeremie, baraccopoli della capitale haitiana, a incontrarla eravamo stanchi. Avevamo visto tante cose terribili, tante storie tristi. E, come dice mio cugino Michele, ognuno di noi ha un limite nell’accumulare tristezze e negatività dentro di sé. Quel giorno ad Haiti, tra colera e macerie, l’avevamo già superato.
Ma non ci aspettavamo di vedere quella serie di casette colorate che prendevano il posto di terribili baracche. E la missionaria francescana, col suo entusiasmo contagioso, ci portò per mano a vedere la sofferenza ma soprattutto la ricostruzione. I sorrisi dei bambini, ma anche degli adulti che vedono in lei una speranza. Quella di togliere le baracche e costruire piccole case. Di realizzare un ambulatorio, un centro colera e una scuola, che tra pochi giorni accoglierà i primi bambini.
Ora, per qualche giorno, suor Marcella è tornata dalle sue parti, nella sua Busto. Non è qui per riposarsi, ma per trovare finanziamenti per trasformare tutta Waf Jeremie (una delle zone più pericolose e più degradate del Paese più povero del mondo) nel Vilaj Italyen e per trovare volontari (medici e insegnanti, principalmente). “Non può dipendere da dove sei nato avere o non avere aspettative per il futuro – dice in una sala strapiena. Io non lo posso accettare. E spero neanche voi”.
Per ora ha costruito 120 case e altrettante ne sono in via di realizzazione, anche grazie all’intervento dell’Onu. La baraccopoli, che sorge su una discarica, al fianco del porto, conta almeno 70mila persone. Ma sono certo che, grazie a questa incredibile suora, gli haitiani che abitano lì ce la faranno. “Il mondo si può cambiare. Ma bisogna crederci”, conclude. Oggi qui il sole non tramonterà tanto presto.
Ad maiora.
Per info e per conoscere come aiutare/incontrare suor Marcella: http://www.vilajitalyen.org/