“Il 12 settembre 2009 è stata una giornata particolarmente significativa nella storia della televisione italiana. In piazza del Duomo a Milano sono stati celebrati, con la diretta televisiva di Rai 1, i funerali di Stato di Mike Bongiorno, senza dubbio il più importante personaggio televisivo italiano. La sua morte è stata uno choc per il paese, che l’ha vissuta come una grande perdita, al punto da riservare il rito dei funerali di Stato a quello che in fondo era soltanto un presentatore televisivo”.
Inizia così il libro di Vanni Codeluppi dall’evocativo titolo: “Stanno uccidendo la tv” (Bollati Boringhieri). Un saggio diviso in tre parti nel quale si analizza passato, presente e (possibile) futuro dell’unico elettrodomestico davanti al quale noi Italiani passiamo in media quattro ore al giorno.
Codeluppi ha il merito di aver capito (a differenza di tanti soloni della carta stampata) che internet non ucciderà la tv, ma che i due mezzi di comunicazioni diventeranno “complementari”. Ed è sufficiente, in questi giorni, seguire le sconfitte dell’Inter e i successi di Sanremo con un occhio al piccolo schermo e l’altro alla TL di twitter per capire come la rivoluzione sia ormai arrivata anche alle nostre latitudini.
Il volume di Codeluppi (come quello di Gilberto Squizzato “La tv che non c’è”) cerca di indicare soluzioni per permettere alla Transtelevisione di avere un ruolo propositivo nella nostra società. Il meccanismo dei reality e dei talent ha ormai travalicato i confini e l’autore (docente a Modena e Reggio Emilia) giustamente si chiede “cosa potrà mai imparare un pubblico ignorante se dentro lo schermo guarda soprattutto se stesso. Se la tv instaura cioè un rapporto circolare tra il pubblico che si trova dentro lo schermo e quello collocato fuori”. Codeluppi capisce che questo non avviene per caso: “D’altronde, la volontà di mantenere la popolazione nell’ignoranza rappresenta proprio il cuore del progetto populista appartenente a quella politica contemporanea dalla quale la tv dipende”. È il famoso modello Raiset, nel quale l’unico criterio di valutazione si basa sull’Auditel, con un abbassamento della qualità. Il tutto funzionale a un progetto anch’esso politico: “Imporre al posto della democrazia una “videocrazia”. Cioè una democrazia dove la classe politica è molto attenta alla visibilità e al successo ottenuti sul piccolo schermo, spesso a scapito dell’impegno a risolvere i problemi esistenti nella società”.
L’interessante volume ha una parte centrale nella quale ho riscontrato delle incongruenze.
La prima (ripetuta più volte, con altre forme) è che “la televisione ha introdotto uno specifico linguaggio in cui l’immagine prevale sulle parole, le quali si limitano solitamente a svolgere una funzione di commento. Nella televisione il linguaggio concettuale (astratto) è sostituito da un linguaggio percettivo (concreto) che è infinitamente più povero”. Non è esattamente così. La tv si basa sulle immagini, sull’esperienza personale con cui ci si confronta con la realtà. Le immagini ne sono l’essenza, la forza. Va “usata” bene, non per spettacolarizzare ma per spiegare. Anche il rivolgersi direttamente allo spettatore – che Codaluppi segnala come una degenerazione della comunicazione tv – ne è invece una delle chiavi interpretative.
Il secondo appunto che muovo al libro è quello sull’uso del corpo delle donne nella Transtelevisione (si legga, sul tema, la lettera aperta del blog laventisettesimaora a Morandi, pubblicata oggi sul Corriere). Codaluppi si chiede come mai a un pubblico in larga parte femminile come quello televisivo si fornisca carne femminile nuda a volontà. Rispondendo così: “E’ probabile che la massiccia esposizione di corpi femminili che attualmente caratterizza la televisione italiana funzioni perché riesce a suscitare un processo di identificazione nelle donne. Perché le masse femminili si proiettano con facilità in quei corpi femminili esposti sognando di poter prendere il loro posto, cioè di essere anch’esse oggetto degli sguardi e dei desideri maschili”.
Io credo sia invece frutto della (vecchia) fallocrazia tutt’ora al potere.
Un libro comunque da leggere per chi faccia televisione e per chi non voglia farsi infinocchiare dal piccolo schermo.
Ad maiora
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Vanni Codeluppi
Stanno uccidendo la tv
Bollati Boringhieri
Torino, 2011
Pag.110
Euro 13