Ricevo e volentieri pubblico questo nuovo articolo dell’amico e collega Sergio Calabrese.
Ad maiora
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Casalinga e prostituta: anche così si sopravvive alla crisi.
Venezia, settembre 1967. Quasi mezzo secolo fa alla 28esima Mostra internazionale d’arte cinematografica fece scandalo il film del regista spagnolo Luis Bunũel “Belle de Jour”. La pellicola, nonostante le proteste dei parrucconi si aggiudicò, contro ogni previsione, il Leone d’Oro. In seguito il film del regista aragonese divenne uno dei film culto per i cinefili di mezzo mondo. Nelle sale italiane la pellicola arrivò priva di alcune scene, l’onnivora e potente censura nostrana tolse parecchie inquadrature perché diseducative: potevano turbare i sonni ai giovani spettatori. Buñuel nel film racconta la storia di Séverine- interpretata da una sensuale Catherine Deneuve- una bellissima donna moglie di un medico dell’alta borghesia parigina, verso il quale non ha nessun tipo di attrazione fisica. Fredda e distaccata con il marito, la stupenda e altezzosa Séverine tutti i pomeriggi cerca conforto e rifugio in una casa d’appuntamenti situata in un’ovattata e discreta residenza parigina degli anni Sessanta dove, attraverso la prostituzione, cerca di affrancarsi da “l’ennui de vivre”, la noia di vivere. Insomma, la borghesissima, raffinata e annoiata madame Séverine, pratica la prostituzione come una sorta di psicanalisi atta a condurla fuori dalle sue fobie e dalla sua frigidità.
Italia, 2012.
In un anonimo appartamentino di una cittadina dell’Italia centrale una giovane donna è sorpresa dalle forze dell’ordine in atteggiamenti che non lasciano dubbi: sarà accusata di sfruttamento della prostituzione. In seguito racconterà di essere stata costretta a vendere il proprio corpo perché disperata e sommersa dai debiti dovuti alla perdita del lavoro. Tutti i suoi familiari, marito disoccupato compreso, erano all’oscuro della sua “attività”. Una storia, quella della casalinga-prostituta, di quotidiana miseria. In questa disgraziata Italia pre-elettorale le cronache ci raccontano che sono molte le donne che si prostituiscono non certo per la noia di vivere come Séverine, la donna del film di Luis Bûnuel, ma per bisogno. Esercitano il mestiere più antico del mondo per sopravvivere. E’ l’altra faccia della crisi che in tutta la sua drammaticità si manifesta anche con questi “eventi” sino a qualche anno fa inimmaginabili. Storie di disperazione estrema che si consumano spesso in silenzio e solitudine. Si prostituiscono operaie, casalinghe, impiegate, laureate. Lo fanno perché hanno perso il lavoro e non sanno più come tirare avanti. Sono donne- molte del ceto medio, anche con figli da crescere- che affondano sempre più nel mare della crisi economica. Negli Stati Uniti si dice che quando il ceto medio soffre tutta la nazione affonda. La middle class, si sa, rappresenta la spina dorsale dell’economia in qualsiasi paese.
Alcune di queste “belle di giorno” raccontano che prima di prostituirsi avevano un tenore di vita decoroso. “Poi, improvvisamente si perde il lavoro e ti crolla il mondo in testa. Certo e non è facile la scelta di mercificare il proprio corpo. Mio marito è convinto che i soldi che guadagno siano il frutto delle mie consulenze”. “Poi ci sono i figli che spesso ti fanno richieste che non puoi soddisfare”, racconta una casalinga/prostituta. “La soluzione estrema è vendere il tuo corpo, anche se si vive nella menzogna. I sensi di colpa sono i nostri compagni quotidiani. Molte ricorrono allo psicanalista perché non riescono ad accettare quello che fanno”. Anche se tutto ciò, per ora, è l’unico modo per mantenere la mia famiglia”. “A volte i clienti ci vedono piangere racconta ancora Francesca (nome fittizio). Una volta uno mi disse: “Preferiresti fare la badante e pulire il sedere ai vecchietti. Magari a seicento euro al mese in nero?”. “Quando i debiti ti annegano e le spese diventano insostenibili, la miseria ti porta a sfruttare le perversioni degli uomini, più che fare la badante, anche se sarebbe più dignitoso. Certo è la via più facile, ma soltanto in apparenza. Non cerco giustificazioni, né alibi morali ma seicento euro il mese non risolvono certo i miei problemi”, racconta ancora la prostituta (per caso) Francesca.
Ecco, dunque, l’altra faccia della depressione economica che non dà scampo. Il fenomemo, dicono le forze dell’ordine, si sta allargando. Da qualche tempo sono parecchie le donne single e maritate che s’improvvisano prostitute. Basta un anonimo appartamentino subaffittato in periferia o in centro, un annuncio sul giornale, arredare ad hoc il luogo di “lavoro” con frustini, unguenti, stimolanti di colore blu, vibratori e il gioco è fatto. Per i clienti non c’è problema. Il lavoro non manca. Sono tanti e insospettabili i “maschietti” che frequentano queste improvvisate case d’appuntamento nell’era della depressione economica. Sono politici, impiegati, imprenditori, funzionari. I clienti si trovano anche attraverso Internet. Basta mettere in rete una foto della “sexy casalinga” in atteggiamenti osé e farsi chiamare a un numero di cellulare che la famiglia della donna non conosce. Di norma lavorano nella pausa pranzo per non destare sospetti. Di giorno si sa, c’è l’alibi del lavoro e i frequentatori non si devono giustificare con le proprie mogli.
Con una montagna d’inconfessabili sensi di colpa, verso sera, la “bella di giorno” torna a casa. Dopo un rosario di bugie, che recita anche a se stessa, la casalinga, prostituta par time, cerca di riappropriarsi del suo ruolo di madre e di moglie. Tenta (ma senza mai riuscirci) di dimenticare tutto ciò che ha vissuto in quei pomeriggi di “lavoro” in quella “casa”. Soprattutto si domanda per quanto tempo ancora sarà costretta a vendere il proprio corpo?
Piaccia o no, caro Bersani, dear professor Monti e Cavalier Berlusconi, questa è l’altra faccia nascosta di una crisi che pare non avere fine, ma voi, indaffarati a occupare in maniera maniacale i salotti televisivi, fate finta di non vedere. Attenzione! Il popolo sovrano, come dite voi, ne ha piene la testa e anche “the balls” delle vostre vuote chiacchiere da Bagaglino.
Datevi una mossa, altrimenti il “popolo” (quello sovrano) vi getterà dentro la pattumiera della storia.
Alé!
Sergio Calabrese
C’è una cosa che non mi torna: se “politici, impiegati, imprenditori, funzionari” vanno così frequentemente con queste donne, significa che di soldi da spendere in prostitute ne hanno quanti e più di prima. Allora, perché piangono miseria e si lamentano della crisi?
La crisi non mi pare abbia toccato tutti allo stesso modo…
se sei una donna vera e non un wc pubblico non ti prostituisci mai,non importa quanto e difficile la vita.