Entra ammanettato. Sorride.
Poi si esibisce in quel saluto che molti media hanno definito fascista o nazista. Ma che è fatto col pugno chiuso.
Così Andreas Brevik ha fatto il suo esordio nel processo per la strage di Oslo. Dove si dovrà decidere se è incapace di intendere e volere. Lui, assassino reo-confesso, non riconosce la corte e chiede l’assoluzione per aver ucciso giovani “attivisti” di sinistra.
Le immagini di Brevik mi hanno riportato alla mente quel bel film che è L’ondadi Dennis Gansel:
Chi non è con noi, è contro di noi.
Il resto viene di conseguenza.
Ad maiora.
Il 23 aprile ci sarà a Mosca la prima udienza del processo contro tre delle Pussy Riot, il gruppo punk rock che rischia sette anni di carcere per un concerto di protesta nella chiesa del Cristo Salvatore. Sull’altare hanno intonato la canzone “Oh Madonna, ti preghiamo, liberaci da Putin:
Come dicono le tre ragazze “il vero sacrilegio non è stato citare la Madonna, ma parlare di Putin”.
Lunedì alle 18 ci saranno vari presidi di protesta davanti a consolati e ambasciate russe.
Così a Londra si preparano, vestendosi come loro, creando e indossando la Balaclava:
Scontri nella capitale Skopje tra la milizia e centinaia di giovani nazionalisti (e ultrà) macedoni. Gli incidenti sono avvenuti al termine di un corteo nel quale sono stati scanditi slogan nazionalisti e anti-albanesi:
Si sospetta infatti che l’assassinio (a colpi di pistola) di cinque pescatori (slavi macedoni) avvenuto giovedì scorso possa essere stato dettato da ragioni “etniche”.
Le tensioni nazionalistiche sono aumentate negli ultimi mesi in Macedonia, ma sono iniziate dopo la fine della Jugoslavia.
La minoranza albanese rappresenta un quarto dei due milioni di abitanti della Macedonia (che, non a caso, ha dato il nome all’insalata di frutta).
La Macedonia non ha mai visto neppure riconosciuto a livello internazionale il proprio nome, per l’opposizione della confinante Grecia.
E’ tuttora registrata come Fyrom, Former Yougoslav Republic of Macedonia.
Un giovane attivista del movimento “In difesa della foresta di Khimki” (fondato da Evgenija Chirikova, appena premiata per il suo lavoro: http://robertamsterdam.com/2012/04/yevgenia-chirikova-honoured/), è stato aggrredito ieri mentre rientrava nella sua casa, non lontana dalla capitale russa.
Un manipolo di delinquenti (non certo rapinatori) l’ha massacrato di botte, spaccandogli il naso. Alexei Dmitriev, 23 anni, è ora in ospedale. E’ l’ennesimo attacco contro gli ecologisti (ma non solo) che si stanno opponendo all’autostrada in costruzione tra Mosca e San Pietroburgo che attraverserà la foresta di Khimki. Il giovane assalito, un avvocato, doveva testimoniare oggi in un processo legato a un cambio di destinazione d’uso di immobili.
Due anni fa il giornalista russo Oleg Kashin che si era occupato anche della foresta di Khimki, tagliata in due dalla nuova infrastruttura, era stato picchiato fino a mandarlo in coma.
Il fatto aveva provocato forti reazioni anche in Russia. Soprattutto perché gli aggressori erano stati inquadrati da una telecamera di sorveglianza: