Mentre leggevo gli “Appunti dal carcere” di Erich Honecker mi è cascato l’occhio su un servizio di un giovane collega del Tg1. Da Berlino raccontava l’intrusione del governo tedesco (con un cosiddetto Bundestrojan) nella vita privata dei suoi cittadini, attraverso un sofisticato meccanismo di controllo.
Il governo è quello della Rft (Repubblica federale di Germania). Eppure il giornalista (con immagini al seguito) parlava delle “Vite degli altri” pellicola che racconta il controllo della Stasi sui cittadini della Rdt (Repubblica democratica di Germania). Non è esattamente la stessa cosa. L’Rdt è stata assorbita, dopo la caduta del Muro di Berlino, dalla Rft. Per Honecker, che guidò la Germania socialista per quasi un ventennio, si trattò di Anschluss, un termine non usato a caso.
Il libro di Honecker (uscito in Germania nel 1990 e nel nostro paese solo lo scorso anno per le Edizioni Nemesis) è interessante perché è noto che la storia la scrivono sempre i vincitori. È invece importante leggere il pensiero di chi stava dall’altra parte del Muro di Berlino, e si battuto perché tutto quello che ha rappresentato la Germania socialista non venisse buttata via come un panno sporco. Seguendo la scia del Tg1, a me è venuto in mente quel capolavoro che è “Good by Lenin”. Lì si rideva amaramente. Nel testo dell’ex segretario della Sed (Il Partito socialista unificato di Germania) non c’è invece mai spazio per il sorriso. Anche perché è stato per larga parte scritto in carcere: Honecker processato per i crimini del Muro, verrà scarcerato solo per ragioni di salute e morirà da esule in Cile. Per il socialista tedesco fu la seconda detenzione nello stesso penitenziario di Berlino: il primo era stato durante il nazismo.
Honecker nei suoi appunti carcerari rivendica di non aver perso la fede nel socialismo e insiste sulla lotta di classe (su scala mondiale): «Attualmente teorici e uomini politici di sinistra sono riluttanti a utilizzare l’espressione “lotta di classe”, cosiccome altri concetti della teoria marxista chiari nel contenuto e cercano di sostituirli con un’illusoria guarigione, frutto della capacità autosuggestiva del capitalismo». Nel suo mirino, oggi come allora c’è proprio il capitalismo: «Lo si chiama “economia di mercato” perché si ha vergogna della sua vera natura».
Gli strali del dirigente politico (di una Germania che non c’è più) sono rivolti soprattutto verso Gorbaciov e la sua perestrojika che ha fatto franare tutto il sistema. Ma se la prende anche coi suoi ex compagni di partito che accetteranno compromessi pur di rientrare nel gioco politico della Germania unificata (in particolare Gregor Gysi che invece, personalmente, mi ha sempre fatto ottima impressione – ma io non ho una formazione marxista e quindi non sono indicativo).
Per Honecker il crollo dell’Urss è qualcosa di estremamente negativo. E’ la stessa opinione di Vladimir Putin che non a caso guida oggi la Russia con le stesse forme di controllo dei vecchi regimi socialisti.
In queste ore in cui il capitalismo finanziario vacilla (grazie anche al rating di improbabili società di revisione) le parole di Honecker non suonano però a vuoto.
Senza dimenticare, comunque che loro applicazione lasciò devastata la parte orientale della Germania (seppur, come puntualizza Honecker, dotata di buoni servizi sociali).
Ricordo quando – con l’amico e collega Walter Padovani – ai primi anni Novanta, fummo ammessi nelle sale dove gli spiati dal regime dell’Rft potevano leggere i fascicoli che li riguardavano. Dell’apertura degli archivi della Stasi mi sono rimaste impresse le tante lacrime che cadevano su documenti e fotografie: condensavano la sofferenza di chi scopriva – carte alla mano – che non solo tutta la sua vita era stata spiata, ma che in parte era stata deviata anche dal regime (con finte amicizie, finti fidanzati, finte vacanze) per carpire informazioni.
Ricordi giornalistici che mi fanno leggere con un po’ di distacco il testamento politico del compagno Honecker.
Ad maiora
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Erich Honecker
Appunti dal carcere
Edizione Nemesis
Milano, 2010
Pagg. 146
Euro 8