Month: giugno 2011

QUELLA FEROCE GIOVENTU’ CHE CONTINUA A UCCIDERE. SENZA UN PERCHE’

«Quando si arriva a uccidere, non si uccide più il nemico – l’altro che ti ha “rubato” la ragazza e, di seguito, la ragazza che lui si è portato via – ma la ragazza che, lasciandoti, ti “ha rubato” la sicurezza, l’identità, un malinteso senso di proprietà. E il rispetto». Quando in questi giorni sentendo le cronache sull’ex fidanzato che ha ucciso la coppia di fratelli a Milano, mi è tornata alla mente questa illuminante frase del collega del Corriere della sera Cesare Fiumi.

Chi in queste ore si sta domandando quale sia il movente di quel, terribile, duplice delitto, farebbe bene a fare un salto in libreria a comprare “La feroce gioventù” (Dalai editore).

È un elenco di tante piccole e grandi violenze che hanno sconvolto (spesso giusto per il tempo di un tg) il nostro Paese negli ultimi due anni. Tanti delitti senza un perché, con gli immancabile amici “senza parole” che “non sanno darsi pace” come recitano i giornalisti seguendo un copione trito.

Fiumi accusa per quel che sta succedendo i genitori che non fanno più i genitori e gli insegnanti che non fanno più gli insegnanti. Per questi ultimi trova delle giustificazioni per come la politica li ha (mal)trattati negli ultimi anni: «Una catastrofe educativa di cui portiamo i segni vistosi, da quando il docente, il suo ruolo, è stato prima delegittimato, quindi ridotto a ramo secco da tagliare, evitando così, recita la leggenda, di aumentare le tasse. Lasciando in questo modo che insegnanti sempre più sconsolati e genitori frustrati e incontrollati se la vedano tra loro nell’ultima, melanconica, feroce lotta di classe».

Per i non-genitori, l’inviato del Corsera non trova scuse: «Storia di un vuoto. Cognitivo. Emotivo. Valoriale. Parole e significati considerati oggi ciarpame educativo che nessuno si prende più la briga di passare, di tramandare in qualche modo a ragazzi che a vent’anni sono già un catalogo di autostima arrugginita. Compito mancato per indolenza, per una sorta di accidia etica fatta di “chi me lo fa fare”, “ho tante cose a cui pensare” e alla fine “lui di arrangerà”. Troppi genitori incapaci di assumersi la responsabilità di esserlo sul serio, mica soltanto portando lo stipendio a casa, il figlio a scuola e la famiglia in vacanza».

I ragazzi, allo sbando, diventano così «anaffettivi e feroci» che passano «ore fatte di niente, passate a rimuginare le proprie frustrazioni», che finisce per diventare una «generazione orfana del concetto di responsabilità» che finiscono per dare fuoco al barbone o picchiare il “marocchino” per noia. Con danni difficilmente quantificabili: «In questa Italia declinante, interi pezzi di adolescenza e di gioventù si staccano dal comune sentire, da un’etica condivisa, e se ne vanno alla deriva come iceberg, ghiacciati dentro, senza un progetto e una direzione (da loro) prestabilita. Qui non c’entra la malavita organizzata, ma una “vita mala”, destrutturata di ogni condivisione e senza più colonna vertebrale etica, che si fa branco per appoggiarsi a qualcosa quando la noia di sé procura nausea».

Due sono le storie più toccanti che Fiumi racconta. La prima è quella del tassista milanese, ucciso a calci e pugni dopo aver investito involontariamente un cagnolino: «Luca è pacato, non alza mai la voce, ama le filosofie orientali, ha studiato il karma e la reincarnazione, è un non-violento e ha pianto quando, un mese prima, gli è morto un canarino. E adesso è addolorato per aver messo sotto le ruote del suo taxi quel cocker svitato, lasciato correre senza guinzaglio lungo il marciapiede e che, all’improvviso, ha deciso di attraversare di corsa la strada. Luca si è fermato, si è scusato con la padrona dell’animale. Dice con un tono mite: “Ripeto, mi dispiace molto, ma se lo aveste tenuto al guinzaglio…”. Lo dice a gente che non piangerà mai di dolore per la morte di un canarino, solo di rabbia per non saper ribattere una verità. Lo perde la sua sincerità, il fatto di essersi subito fermato e preoccupato. Lo perde quel suo essere ancora una persona lì, in largo Caccia Dominioni, dove i due mutanti si fanno avanti a pugni, calci e ancora calci e pugni. (…) “Sei nell’anima”, ha cantato Patrizia al suo Luca, per giorni e giorni, certa che lui l’ascltasse dal suo coma. Luca che abitava in via della Pace. L’indirizzo di una vita e del suo stile. È come se in largo Caccia Dominioni fosse andato in scena un martirio alla fine di una resa dei conti tra due mondi. Una resa dei conti che solo uno di questi mondi voleva, però».

L’altra storia è quella dell’infermiera spintonata e abbandonata a terra alla stazione Termini di Roma: «A Roma, non solo insulti ai carabinieri che vanno ad arrestare chi ha colpito per frustrazione e rabbia, ma solidarietà piena a lui, chi ha picchiato, da parte di amici (tanti) e parenti. Non importa se la vittima della sua aggressione è morta, dopo una settimana di ospedale: giù applausi e tifo a favore  per il ventenne “normale” del quartiere che sta per entrare in galera con l’accusa di omicidio preterintenzionale. E che, da sotto il cappuccio della felpa, mentre lo portano via, sorride, saluta, mostra di gradire. “Alessio ha sbagliato, ma può capitare”. Di colpire e di andarsene – lo racconta il filmato della telecamera, perché ormai le aggressioni te le puoi pure rivedere, sono uno spettacolo multimediale – senza neppure curarsi delle condizioni di salute di chi ha appena sbattuto a terra e che tra sette giorni morirà. “Se una femmina te attacca come un maschio perde il privilegio d’esse’ trattata da donna”, spiega il coro dei sodali. Sì, perché a morire stavolta è una signora, un’infermiera, Maricica Hahaianu, 32 anni, madre di un bambino di tre anni. Un bel salto di qualità. “E poi quella era romena, e si sa come sono i romeni”, scrive un altro tipo sul blog. Già, mica una donna quella, una persona, una madre».

Storie purtroppo dimenticate che raccontano invece un qualcosa che si è rotto fra varie parti della società italiana e che il duplice omicidio di Milano, ma anche quello di Desenzano del Garda stanno anche in queste ore dimostrando.

La speranza che Fiumi lancia nelle ultime pagine del suo libro e che raccogliamo è che siano gli stessi ragazzi a curarsi di questi loro coetanei allo sbando. Una rivoluzione colorata nel nostro Paese non potrà che passare da questa cruna dell’ago.

Ad maiora.

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Cesare Fiumi

La feroce gioventù

Dalai editore

Milano, 2011.

Pagg. 168

Euro: 16,50

GUERRE DEL GAS: MOSCA SPEGNE LA LUCE A MINSK

Ennesima guerra energetica tra Russia e Bielorussia: Mosca stamattina ha tagliato le forniture di elettricità a Minsk per i 43 milioni di dollari di debiti non pagati. Così facendo il Cremlino (che, insieme all Casa Bianca, governa direttamente il settore energetico russo) aumenta la pressione su Aleksandr Lukashenko, già nel mirino della comunità internazionale per la repressione delle opposizioni.

La Bielorussia è di fronte alla peggiore crisi economica degli ultimi 17 anni (da tanti Lukashenko è al potere). Dall’energia russa dipende solo per il 10%, ma la mossa di Mosca è un chiaro segnale di sfiducia verso il vicino, un tempo alleato. Minsk avrebbe bisogno di un prestito internazionale di 9 miliardi per sanare la crisi, ma è in attesa.  

Non è la prima volta che la Russia scatena guerre energetiche contro i paesi ex sovietici. Finita la guerra fredda, gestendo – per un vecchio retaggio sovietico – gasdotti e oleodotti, Mosca utilizza lo strumento energetico come grimaldello per imporre la sua politica estera.

Ad maiora

SE L’EX MISS IN TRIBUNALE SI VESTE “DA ARISA”

L’avesse vista vestita “da Arisa”, con tanto di occhiali, forse non l’avrebbe invitata a bunga-bunga o a giochini con la statua di Priapo.

La trasformazione di Chiara Danese dalle foto per il concorso di Miss Piemonte a quelle di ieri uscendo dal Tribunale di Milano lasciano di stucco. La giovane si è costituita (insieme ad Ambra Battilana) parte civile nel processo per il Ruby-gate.

Per Paolo Colonnello de La Stampa, è la classica ragazza della porta accanto:

http://www3.lastampa.it/politica/sezioni/articolo/lstp/409041/

Il salto è comunque notevole.

Un po’ come Arisa, ma in versione Gem  Boy:

http://youtu.be/yR_LyjGu-l4

Ad maiora.

NUOVO VENTO PURE NEL BASKET: DA SCARPETTE ROSSE AD ARANCIONI?

Cambia il vento anche all’Armani Jeans? Bandiere arancioni anche sul basket milanese?

Le prime scelte del nuovo corso sembrano segnare infatti una importante discontinuità col passato.

Dopo aver costruto squadre senza criterio, ora chi guida quelle che un tempo erano le imbattibili scarpette rosse sembra aver deciso di programmare con cura le proprie mosse. Il primo passo è stato prendere un allenatore coi fiocchi: Sergio Scariolo, bresciano e campione d’Europa guidando la nazionale spagnola. Non bastasse è stato affiancato da Fabrizio Frates, milanese, buon allentore e grande vice nella Nazionale italiana che conquistò bronzo e argento agli Europei e poi l’oro ai Giochi del Mediterraneo.

Se due indizi non fanno una prova, ecco il terzo segnale, questa volta per chi materialmente scende sul parquet. Da che mondo e mondo una squadra di basket si basa sul suo play. Per anni Milano ha avuto (e profumatamente pagato) Bulleri, una guardia vestita da play. Partito il toscano, a guidare la squadra quest’anno si sono alternati in tre.

Ieri l’Armani Jeans ha messo sotto contratto – per due stagioni – Omar Sharif (così si chiama!) Cook. Vero play maker americano ma naturalizzato montenegrino. Col Valencia ha stabilito il record di assist in Eurolega anche se nei video ce lo si gode soprattutto per l’arresto e tiro:

http://youtu.be/AOBeA6i-jH0

Non è la prima volta che fior di giocatori, arrivati in quel di Milano finiscono per deludere. L’ultimo caso di Pecherov è ancora lì fresco-fresco.

Le scarpette rosse comunque, almeno sulla carta, sembrano ora essere diventate arancioni (Pisapia, sulle tribune – non d’onore –  quest’anno non potrà che esserne felice…).

Ad maiora.

HAITI, RIPARTIRE DOPO “L’INNOCENZA VIOLATA”

Un libro interessante per chi voglia approfondire quel che è accaduto negli ultimi anni ad Hati (l’isola caraibica è, ahinoi, scomparsa da tutti i media). “Haiti, l’innocenza violata” di Marco Bello e Alessandro Demarchi (Infinito edizioni) si concentra più che sugli aspetti politici sui movimenti sociali presenti sull’isola, movimenti che hanno faticato a diventare centrali nella storia di questo sfortunato Paese.

Sfortunato perché come spiegano i due esperti, questo Stato coraggioso che si è staccato prima di tutti dal giogo colonialista ha pagato cara questa scelta: «Haiti sembra essere povera da sempre. Almeno dalla conquista spagnola del 1492, considerando il concetto occidentale di “povertà” applicabile da quella data. Solo un anno prima, Haiti si era indebitata con banche private francesi per 24 milioni di franchi, rivalutati in 21 miliardi di dollari attuali: tanto la Francia reclamava come indennità per aver perso la sua colonia più redditizia. È l’inizio del suo impoverimento cronico, non solo finanziario. Il debito comprende anche un pagamento in natura, a base di legno pregiato: si continua così il disboscamento dell’isola, già devastata per far posto a piantagioni coloniali. La storia economica di Haiti è subito in salita».

Il volume affronta il ruolo della chiesa nella società haitiana che «a causa dell’assenza endemica dello Stato per quanto riguarda i servizi per la popolazione, la chiesa e i religiosi gestivano (e gestiscono ancora oggi) la maggior parte delle scuole e delle strutture sanitarie». Ma anche e soprattutto degli Stati Uniti che, dal1915 inavanti, mettono il becco (e spesso anche gli scarponi militari) negli affari interni di questo Stato indipendente. Nel 1994 con Clinton che manda i marines: «Non si tratta più di una democrazia popolare, risultato di una lotta di massa, bensì di una democrazia calata dall’alto, ristretta o “sotto tutela”, in quanto controllata da vicino attraverso le Nazioni Unite». E nei mesi post-terremoto con gli aiuti umanitari: «Gli Stati Uniti hanno utilizzato Usaid e l’ong Care come braccio operativo per invadere, attraverso programmi di sviluppo, il mercato haitiano di “american rice”, affossando così la produzione locale».

Proprio sul pessimo servizio degli economisti liberisti sulle finanze haitiane si concentrano molte delle pagine che spiegano (insieme a “corruzione, clientelismo, lotta per le poltrone”, frutto della politica interna che – ad esempio – ai tempi di Duvalier ha contratto l’80% degli attuali debiti) come Haiti sia e resti uno dei Paesi più povero del mondo: «Alla fine del suo regime nel 1986, Baby Doc fugge svuotando le casse dello Stato.  Prontamente interviene in soccorso di Haiti il Fmi, con un prestito di 24,6 milioni di dollari, con la condizione che Haiti riduca le tasse di protezione sul riso (allora al 24 per cento), su altri prodotti agricoli e su alcune industrie. Questa impostazione mirava ad aprire i mercati del Paese alla concorrenza di altre nazioni. Da allora gli agricoltori haitiani non possono competere con i produttori di riso statunitensi, sovvenzionati dal loro governo (il riso, alimento base degli haitiani, è uno dei prodotti più sovvenzionati negli usa). Riso gratuito o a buon mercato continua anche ad arrivare sotto forma di aiuti alimentari. La produzione locale del cereale crolla e decine di migliaia di contadini sono costretti a trasferirsi in città o nella confinante Repubblica Dominicana a cercare lavoro. (…) Molto più recenti, anche gli Accordi di partenariato economico (Ape), sottoscritto con l’Europa nel 2010, prevedono l’apertura dei mercati ai prodotti europei sovvenzionati. Il sisma non ha migliorato la situazione: a causa egli aiuti c’è stata un’invasione straordinaria di riso nordamericano».

Il sisma è chiamato ad Haiti il “momento zero” da cui ricominciare. Ma ripartire con le forze interne perché è inimmaginabile un Paese che viva solo grazie alle sovvenzioni provenienti dall’estero. Anche questa sarà la sfida del nuovo presidente Michel Martelly (insediatosi il 15 maggio). Dopo tante delusioni dalla classe politica, non sarà un caso che gli haitiani abbiano scelto per guidarli un cantante senza alcuna  esperienza politica.

Ad maiora.

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Marco Bello e Alessandro Demarchi

Haiti, l’innocenza violata

Infinito edizioni

Castel Gandolfo (Roma)

Gennaio 2011

Pagg. 171

Euro: 13.