Una sala piena di gente. Nell’albergo non fa freddo ma molti tengono su il cappotto. Come se fossero pronti a scappare. Anche se e’ solo la presentazione di un libro.
Persino al ristorante, si riconoscono i terremotati/sfollati perche’ sono incappottati. L’amico e collega Umberto Braccili dice che nelle prime ore dopo il sisma, i più erano super vestiti: si erano portati via da casa il più possibile,
Anche Sergio Bianchi, presidente dell’Associazione vittime universitarie del sisma (Avus) parla al pubblico tenendo su il piumino. Non e’ aquilano ma frusinate. Nel terremoto ha perso Nicola. Il giorno dopo la scossa avrebbe dovuto sostenere un esame. Sergio non rimane incappottato perche’ ha il timore della scossa, ma perche’ ha un freddo dentro che fatica a sciogliere.
Guida l’associazione che si batte, oltre che per ottenere i risarcimenti da quanti costruirono case di burro sotto le quali morirono 55 universitari (più di un sesto delle vittime nel capoluogo). Ma anche per ottenere giustizia rispetto a quelli che, malgrado l’escalation delle scosse, non invitarono tutti ad abbandonare le quattro mura. In assenza della class action, sono costretti a fare cause singole. Fatto che costa parecchi soldi. Per questo, insieme a Braccilli, stanno promuovendo un volume intitolato “Macerie dentro e fuori”. Non si trova in libreria ma si può acquistare mandando una mail a maceriedentroefuori@gmail.com.
Il processo che li vede coinvolti e’ stato rinviato, per vizi formali, a febbraio 2011.
Cercheremo di seguirlo. E di organizzare una presentazione del libro a Milano.
Ad maiora
Ps. La presentazione oggi si e’ tenuta a Sulmona ed era dedicata alla memoria di Roberta Zavarella. Da Sulmona era tornata all’Aquila quel maledetto 6 aprile. Aveva rifiutato un 28 e quel giorno avrebbe cercato di portare a casa un 30.
La sua amica Silvia – che ha preso la parola – ha detto che era giusto cosi’. Che in una società che si accontenta Roberta non si accontentava.
Da lassù il tuo 30 non te lo toglierà mai nessuno,
Che la terra ti sia lieve.