Month: dicembre 2010

A Minsk cambia il governo. Senza un perché

Cambio alla guida del governo bielorusso. Ovviamente senza che si senta l’esigenza di offrire all’opinione pubblica una motivazione.

Ieri riferivamo delle improvvise dimissioni dell’esecutivo nelle mani del nuovo presidente, Lukashenko (in carica ininterrottamente dal 1994). Dimissioni di prassi, ma abitualmente solo nel momento dell’insediamento del nuovo capo dello Stato.

E invece Lukashenko ha preso al volo le dimissioni e sostituito l’uscente Sergej Sidorski (che pure – nei tanti anni alla guida dell’esecutivo – ben aveva fatto sul fronte economico) e l’ha sostitutito con Michail Miasnikovich, fino a ieri presidente dell’Accademia delle scienze (pochi mesi fa comparso sulle cronache per aver annunciato la volontà di creare un’agenzia spaziale bielorussa).

Il presidente bielorusso non ha spiegato i motivi della scelta. Né forse qualcuno glielo ha potuto chiedere.

La commissione elettorale ha intanto respinto i ricorsi delle opposizioni e confermato il risultato: Lukashenko avrebbe ottenuto 5 milioni e 130 mila voti, pari al 79,65% dei votanti. Al secondo posto il “nessuno di tutti questi” (abolito nella vicina Russia) che ha ottenuto il 6,47& dei consensi. Gli altri 8 candidati si dividono le restanti briciole.

Ad maiora.

I soliti sospetti si congratulano con Lukashenko

Ecco le notizie buone e cattive che arrivano dalla Bielorussia. Le riporta Denis Baranov che su Facebook scrive di non mandargli richieste di amicizia perché declina gli inviti di persone che non conosce personalmente,.

Partiamo dalle notizie cattive:

1. Niekliajeva Olga, la moglie di Vladimir, ha presentato una denuncia al Kgb e al procuratore generale per la mancanza di incontri con l’avvocato e l’assenza di notizie sulle condizioni del marito.

2. Il Tribunale di Minsk ha negato la richiesta di scarcerazione per 9 cittadini russi. Il tutto malgrado la sollecitazione in tal senso del ministero degli Esteri russo. Mosca ha fatto sapere che la decisione impatterà sulle relazioni bilaterali, già non buone negli ultimi anni.

3. Baranov ha ricevuto una sorta di risposta ufficiale da parte del Comitato internazionale della Croce Rossa. Dicono di essere al corrente della situazione. Ma la Bielorussia non ha mai firmato l’accordo sulla Croce Rossa che permette le visite nelle carceri.

4. Tre giovani attivisti sono stati condannati dopo il picchetto di solidarietà davanti al carcere del 21 dicembre. Passeranno capodanno in cella.

Notizie neutrali:

1. Due membri della Commissione elettorale della città di Minsk hanno scritto pareri dissenzienti sul verbale sottolineando come non abbiano potuto convalidare i risultati delle elezioni per la capitale. Entrambi sono (ovviamente, aggiungo io) membri dei partiti di opposizione.

2. Il governo ha rassegnato le dimissioni. Procedura normale dopo le presidenziali. Non è stata ancora però fissata la data d insediamento.

3. Alcuni partiti hanno formato un comitato di solidarietà e di sostegno per i prigionieri politici. A quanto pare, vogliono creare qualcosa di più permanente.

Buone notizie:

1. Dopo quasi 8 giorni di custodia da parte del Kgb, a Vladimir Niekliajev è stato concesso di incontrare il suo legale. È accaduto lunedì sera. L’avvocato ha detto che sembrava stanco. Il suo viso portava ancora i segni delle percosse.

2. Anatol Lebedko che è attualmente in sciopero della fame è sembrato – agli occhi del suo legale –  in buone condizioni di salute.

Notizia random:

Il sito web del presidente Lukashenko elenca solo 13 capi di Stato che si sono congratulati con lui per la vittoria elettorale. Sono i soliti sospetti: Turkmenistan, Tagikistan, Azerbaijan, Siria, Libia, Vietnam, Iran, Armenia, Uzbekistan, Cina, Turchia, Cuba e Russia.

Venezuela e Georgia hanno solo mandati i loro auguri.

Ad maiora.

Bielorussia, perquisizioni natalizie

Notizie dalla Bielorussia, paese che pur festeggiando sia il natale cattolico che quello ortodosso, vede il Kgb (si chiama ancora così da quelle parti) molto attivo anche nei giorni di vacanza.

In questi giorni numerose le perquisizioni (e sequestri di computer e documenti) nelle abitazione di alcuni degli arrestati. Sono state perquisite le case di Viachaslau Siuchjk (attivista dei diritti umani), Alieh Volchak (avvocato e attivista dei diritti umani), Irjna Khalip (perquisita la casa del padre Uladzimir), Aliaksandar Arastovich, (collaboratore di Statkievich), Andreij Sannikov (ex candidato, attualmente in carcere), Natalia Radzina (capo redattrice del sito Charter ’97, attualmente in carcere), Zmitsier Bandarenka (ex collaboratore di Sannikov, attualmente in carcere), Alies Mikhalievic (ex candidato, ora in carcere).

E’ stata perquisita anche casa di Aliaksanadr Atroshchankau. Quando prima dell’abortita rivoluzione dei jeans lo incontrai in un bar di Minsk era leader del movimento Zubr (bisonti), illegale. Mi diede il biglietto da visita a pancia in giù, in modo che gli altri avventori non potessero vedere quel logo. Che comunque lo portò poco dopo in cella. Quando gli chiesi se non temeva il carcere, mi disse – sorridendo – che qualcun altro avrebbe preso il suo posto.

Sono state perquisite anche le sede del Partito civile unito di Bielorussia, European Radio for Belaurs e una sede non ufficiale di Belsat (http://belsat.eu/be/).

Una buona notizia. Il legale di Andrei Dmitriyev ha potuto incontrarlo nel centro di detenzione del Kgb. È in buone condizioni.

Ad maiora.

Khodorkovskij condannato. Come chiesto da Putin

La condanna giudiziaria è arrivata solo questa mattina, ma di fatto era stata preceduta da quella politica. E in un Paese dove la separazione dei poteri tarda ancora ad arrivare, il segnale era stato inequivoco: “Io credo che un ladro debba stare in prigione” aveva detto Putin  nella conferenza stampa di fine anno.

L’ex oligarca Mikhail Khodorkovskij e il suo socio Platoon Lebedev sono stati così riconosciuti colpevoli di furto di petrolio, di appropriazione indebita. Di 218 milioni di tonnellate di petrolio. Che avrebbero sottratto tramite la società petrolifera che guidavano, la Yukos.

L’accusa ha chiesto di condannarli a 14 anni di campo di lavoro. I due erano già in cella dal 2003 e sarebbero usciti dal carcere il prossimo anno. Il nuovo processo e la nuova condanna escludono, per il momento, questa ipotesi.

I giornali hanno parlato di un possibile scambio tra Usa e Russia nelle prossime settimane. Da una parte della bilancia ci sarebbe appunto Khodorkovskij. Dall’altra il trafficante d’armi russo Viktor Bout (ex capo del Kgb, estradato negli Stati Uniti malgrado l’opposizione di Mosca che evidentemente teme racconti segreti inconfessabili). Per ora si tratta di voci.

Khodorkovskij passerà anche il Natale ortodosso in cella. La difesa ha annunciato appello alla sentenza (in aula sono stati ammessi solo pochi giornalisti, gli altri sono stati allontanati).

Il magnate è uno dei tanti ex giovani del Komsomol che si è arricchito durante le privatizzazioni selvagge dell’era putiniana. Non è l’unico ad essersi opposto al potere di Putin. Berezovskij, un tempo sodale del presidente Eltsin e grande elettore di Putin, è riparato a Londra da anni e vive circondato dai gorilla. Altri sono fuggiti in Israele o Canada.

Khodorkovskij ha però deciso invece di non abbandonare il Paese, di sfidare Putin, appoggiando l’opposizione. Forse anche di diventare una vittima del sistema. Che lo sta accontentando.

La sua azienda (comprata per pochi soldi, ma trasformata in una società moderna con bilancio trasparente), dopo l’arresto è stata, de facto, nazionalizzata. I suoi asset principali sono stati messi all’asta. Non potendo passarli subito alla superpotenza Gazprom è stata bandita una gara internazionale. Vinta da Eni ed Enel (ai tempi del governo Prodi). Le due aziende statali italiane hanno poi rivenduto (ai tempi dell’attuale governo Berlusconi) quegli asset ai russi.

Ad maiora.

Haiti, moria di pesci nel lago che cresce

Il lago Azuei, nella parte orientale di Haiti, quasi al confine con la Repubblica Dominicana, torna a far parlare di sé. Le autorità haitiane si preparano infatti a vietare il consumo e il commercio di pesce in alcune località nei pressi di questo lago, dove negli ultimi giorni sono stati ritrovati decine di pesci morti. “Potrebbe trattarsi di un’intossicazione, ma ci sono anche diverse altre ipotesi”, ha dichiarato Michel Chancy, segretario alla produzione ittica. Alcuni esperti hanno raccolto dei campioni delle acque e dei pesci per farli analizzare dai laboratori. “Aspettiamo i risultati prima di pronunciarci”, ha aggiunto Chancy.

Sul lago haitiano era già stato lanciato un allarme durante la convenzione sul clima a Cancun. L’innalzamento del livello delle acque sembra sia causato dal riscaldamento globale del globo. A ciò si deve aggiungere la deforestazione che devasta la parte haitiana di Hispaniola. Per il NY Times è da addebitare anche alla corruzione che dilaga nella classe dirigente del Paese (ampiamente sovvenzionata e sostenuta dal baraccone delle organizzazioni internazionali).

Guardate questa foto da satellite. A sinistra la parte haitiana, brulla, a destra quella domenicana, verde.

Ad maiora.