Day: 2 novembre 2010

Niente bianco nella bandiera di Haiti

Non se ne vedono tante, ma nemmeno poche di bandiere nazionali qui ad Haiti. Una enorme sventola di fianco alla Presidenza crollata e altre compaiono accanto alle tendopoli.

Esiste un senso nazionale forse anche più spiccato che da noi. I bambini (fin dalla materna) ogni mattina assistono all’alzabandiera e cantano l’inno nazionale.

Ma sto uscendo fuori tema.

La bandiera haitiana è rossa e blu. Due dei tre colori che compaiono anche nella bandiera francese (potrei fare un cenno a Trois Couleurs di Kieslowski, ma uscire ancora dal seminato) . Ne manca uno, il bianco. Gli haitiani, primi schiavi a rendersi indipendenti nel lontano 1804, tolsero proprio il bianco francese dalla loro bandiera e dal loro territorio.

Parigi non prese con sportività la rivolta degli schiavi. Pretese indennizzi di guerra e pagamento delle perdite terriere. Haiti resistette fino al 1833 e poi dovette pagare 150 milioni di franchi di indennizzo. Il suo debito pubblico iniziò praticamente da allora.

La bandiera rossa e blu senza bianco mi ha ricordato, quasi duecento anni dopo, i vessilli romeni successivi alla caduta di Ceausescu:  con il buco in mezzo per eliminare lo stemma della Repubblica socialista di Romania).

In sedicesimi, anche le manine dei bambini stilizzate di Adro, mi avevano fatto venire in mente la stessa cosa. Prima erano uniti da un cerchio al centro del quale c’era il Sole delle Alpi. Ora sono uniti da circolini vuoti. A meno che non sia cambiato qualcosa da che sono partito.

Ad maiora.

Vita ad Haiti: le due Port-Au-Prince

I carabinieri, in missione qui ad Haiti da primavera, dicono che a Port-au-Prince ci sono due tipi di reati: sulle colline (Petion Ville e dintorni) rapine e rapimenti, nelle zone più verso il mare (Cite’ e Waf) sparatorie e stupri.
L’arma e’ inquadrata nella missione Onu Minustah ed e’ qui fondamentalmente a fare ordine pubblico. E’ la polizia delle Nazioni Unite. Starà qui fino alle prossime elezioni, a meno che non venga prorogata la missione.
La capitale haitiana non e’ infatti tutta povera. Ci sono belle ville, circondate da guardie del corpo ( e si sente per questo spesso sparare: i fucili a pompa fanno molto rumore). Piscine e piante fiorite. Questo nella parte alta della citta’ (tranne il quartiere di Martissant, collinare ma poverissimo).

Verso il mare ci sono invece i quartieri degradati, quelli dove un tempo la Minustah e la polizia locale nemmeno si arrischiavano ad entrare.
Qui c’e’ disoccupazione alle stelle, immondizia ovunque e per tetto lamiere arruginite. Qui operano le ong che cercano di tamponare una situazione che era già grave prima del terremoto. I morti e i palazzo crollati hanno solo acceso o riflettori su quest’isola poverissima.
Ora resta da sperare che si trovi il modo più efficace per far partire presto la ricostruzione.
Ad maiora.