“Bisogna ottenere l’autorizzazione delle autorità locali. L’avete? Allora, manifestate. Non l’avete? Allora non ne avete il diritto. Se comunque ci andare, ricevete colpi di manganello sulla testa”. Così stamane Vladimir Putin sulle colonne del quotidiano Kommersant (a firma di uno dei suoi biografi Andrei Koleshnikov, il cui fratello è portavoce del Cremlino).
Un’intervista con la quale l’uomo forte della Russia dice di essere molto interessato a candidarsi alle presidenziali (che Medvedev voglia o meno) e de facto minaccia le opposizioni che domani (31 agosto) manifesteranno a Mosca e San Pietroburgo per ricordare che l’articolo 31 della Costituzione russa prevede la libertà di manifestazione. La Libia (che non è una repubblica ma un “regime delle masse”), Paese del quale l’Italia è ufficialmente “amico”, ha fatto di più: sono vietati i partiti politici e i sindacati ed è stato abolito il diritto di sciopero. Il diritto applicato è quello coranico.
Nelle zone più islamiche della Federazione russa continuano intanto gli scontri. Ieri vi avevamo raccontato dell’attacco dei guerriglieri ceceni al villaggio natale del presidente Kadyrov, Centoroj. Ebbene la reazione delle milizie del giovane leader ceceno e putiniano non si sono fatte attendere: 14 combattenti uccisi e cinque poliziotti rimasti a terra nello scontro (17 gli agenti feriti). Kadyrov, un tempo leader dei gruppi paramilitari, ha guidato personalmente la caccia ai terroristi.