In una conferenza stampa organizzata a Kiev il procuratore generale ucraino Oleksandr Medvedko ha ribadito che c’è un solo sospetto nell’omicidio del giornalista Georgij Gongadze.
Georgij, giornalista d’opposizione, 31 anni, autore di decine di inchieste scomode per il regime di Kuchma, fu rapito e decapitato il 16 settembre del 2000. Il suo corpo fu trovato a novembre, in una foresta non distante dalla capitale ucraina. La madre non ha mai consentito la sepoltura in assenza della testa del figlio, chiedendo di riaprire le indagini sulla sua fine. L’omicidio (per il quale furono sicuramente coinvolti i servizi segreti ucraini) diede il la a oceaniche manifestazioni di protesta che anticiparono la rivoluzione arancione (ora in soffitta).
Per la giustizia ucraina, o meglio per questo nuovo filone d’indagine, l’omicidio del giornalista fu opera solo di Oleksij Pukach, ex capo della divisione principale indagine penale presso il Ministero del sorveglianza unità straniere. Pukach, a lungo latitante, è in cella dallo scorso anno. La procura conta di chiudere le indagini su questo filone entro agosto. Nel 2008, sempre per lo stesso omicidio erano stati condannati a pene tra i 12 e i 13 anni di carcere tre ex agenti del servizio di sicurezza ucraino.
Lesia, la madre di Georgij, qualche giorno fa ha incontrato il presidente ucraino Yanukovich cui ha ribadito la richiesta di rimuovere la statua in onore del figlio eretta a Kiev dall’allora presidente Yushenko. È convinta che il corpo trovato nel 2000 non sia quello del figlio.
Come per il caso Politkovskaja, nessuno ha mai cercato i mandanti dell’omicidio.