Sciopero

Questo blog, come chi lo cura oggi, 9 luglio, sciopera contro la legge bavaglio.

Un provvedimento che, se approvato come uscito dal Senato, impedirà la pubblicazione delle intercettazioni giudiziarie (solo fino al processo, dopo cesserà il supposto diritto alla privacy…), impedirà registrazioni (come quella della D’Addario sul “lettone di Putin”), ridurrà per le forze dell’ordine e la magistratura la possibilità di ascoltare le conversazioni dei delinquenti per più di 75 giorni (con proroghe di 4 giorni, decise di volta in volta) (anche per tutelare le conversazioni tra i mafiosi e le loro famiglie, come ha detto un esponente governativo) e molte altre limitazioni sia per chi guida le indagini, sia per chi rende pubbliche tale attività.

Senza le intercettazioni non avremmo – solo a clamorosi casi di questi anni – mai saputo di quelli che ridevano al momento del terremoto, così come di un ministro (ora ex) che aveva case acquistate a sua insaputa, o dei dirigenti di un partito che si vantavano di “avere una banca”, dei furbetti del quartierino, degli imbroglioni che vendevano gli arbusti del loro giardino come tronchetti portafortuna e di molte altre cose per le quali se non quella giudiziaria è arrivata quanto meno la condanna popolare. L’Io so, di pasoliniana memoria.
Il tutto viene fatto in nome di una fantomatica privacy che tutela solo chi controlla il potere (o chi ha assassinato la ex e sta andando a uccidere una che tormentava) e che va riducendo la libertà di tutti, di essere a conoscenza di quel che accade.
La stessa per la quale a noi giornalisti e’ impedito parlare con chi e’ rinchiuso nei centri di identificazione ed espulsione.
Privacy, un’altra parola come tante (liberale in primis) il cui senso e’ stato stravolto dal potere e accreditato solo grazie all’essere ripetuto a pappagallo dai telegiornali, sempre più asserviti al pensiero dominante.
Per questo si sciopera.

Sperando che la prossima volta tutti i giornali siano in edicola parlando solo di questo, come forma di protesta.

Perché noi giornalisti non saremo una grande specie. Ma c’è chi è peggio di noi. E alcuni di noi hanno ancora voglia di raccontarlo.

Ad maiora.

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