Ieri a Torino per un interessante convegno sulla Cecenia, molti dei relatori segnalavano l’importanza dell’attenzione internazionale sul rispetto dei diritti umani nella Federazione Russa (paese che ha sottoscritto e ratificato molte convenzioni, salvo non rispettarle). Ed Herta Muller in “Cristina e il suo doppio” ricordava come la pressione straniera sulle autorità romene avrebbe aiutato molti “dissidenti”.
E dunque torniamo a occuparci di Mikhail Khodorkovskij, il magnate russo condannato per reati fiscali ma per motivi politici. L’ex petroliere è stato condannato nel 2005 a otto anni di reclusione per frode, appropriazione indebita ed evasione fiscale. Ora, dato che si avvicina la data di fine pena, le autorità russe (la giustizia russa, meglio, sempre che si possa individuare qualche differenza tra questi due poteri, da quelle parti) hanno inscenato un nuovo processo con nuove accuse, per lasciare l’imprenditore antiputiniano ancora qualche anno in Siberia. Nel nuovo procedimento giudiziario rischia 22 anni di carcere. Una sorta di ergastolo. L’accusa: riciclaggio di denaro. In uno dei paesi con tassi di corruzione più alti nel mondo, molti dovrebbero essere in cella con quel reato. Ma paga solo chi ha deciso di non finanziare il partito putiniano.
Da ieri Khodorkovskij ha iniziato una sciopero della fame a oltranza, sperando in un intervento del presidente Medvedev. È l’ennesima occasione che viene fornita al capo del Cremlino per prendere le distanze da Putin. Ma come per Fini/Berlusconi, per ora oltre ai distinguo non si va. Vedremo se in questa occasione il delfino uscirà dalla scia.
E a proposito di scia, va rimarcato un indirizzo positivo della giustizia russa che, almeno sulla storia, non torna sui suoi passi. È di ieri la sentenza di un Tribunale del distretto di Mosca che ha respinto la richiesta del nipote di Stalin (Evgenij Dzugasvili) di condannare la radio (indipendente) Eco di Mosca per aver detto: “Stalin ha firmato un decreto in base al quale i bambini potevano essere fucilati come nemici del popolo a partire dai 12 anni di età”.
Il nipote del dittatore sosteneva fossero notizie false, lesive della memoria del leader sovietico e puntava a un risarcimento pari a 250mila euro. Il direttore dell’Eco di Mosca, Venediktov, ha portato a sua difesa il testo di una dichiarazione nella quale Stalin difendeva la fucilazione dei minore e una lunga lista di minori assassinati dal regime. I giudici gli hanno dato ragione.
Ad maiora.